La natura prima di tutto

Gli studi di ecologia rivelano sempre più spesso legami con le scienze umane quali l’etnologia, la storia, la bioetica e l’antropologia . L’ecoantropologia di cui parla Lanternari nel libro è l’espressione di questi intrecci interdisciplinari, uno studio metodico della dinamica dei rapporti tra umanità e ambiente in funzione dell’unito interesse della vita umana e della natura in se. Si tratta di “un nuovo sapere ecologico che va ben al di là del campo delle primitive e parcellari ecologie del passato […] da cui rimaneva esclusa ogni considerazione e prefigurazione critica degli effetti dell’azione umana sull’ambiente e delle risposte di quest’ultimo” (p.25). Questo nuovo sapere nasce dalla necessità di considerare le conseguenze sulla natura dell’agire umano. Una simile disciplina deve, quindi, rivolgere lo sguardo a tutte le forme che ha assunto il rapporto essere umano-natura. L’analisi di Lanternari prende le mosse dalle culture tradizionali, in cui il rispetto dell’essere umano nei confronti della natura assumeva connotazioni religiose, per spiegare l’insorgere, negli ultimi anni del secolo scorso, di diverse forme di neopaganesimo ed ecofemminismo: “Il rapporto fra religione ed ecologia del resto proprio oggi sta assumendo un posto di eccezionale incombenza a livello mondiale da quando […] i rovinosi danni procurati dall’umano agire sulla natura hanno risuscitato il bisogno di ritorno alla religione della natura ex-pagana, come rimedio illustrato per riguadagnare l’equilibrio perduto fra ambiente e genere umano” (p.351). Ma la posizione di Lanternari è assolutamente laica e l’attenzione dell’autore si concentra sul neocolonialismo dei paesi più industrializzati che, nascondendosi dietro una presunta ingerenza ecologica volta alla tutela di un ambiente o di alcune specie a rischio, mirano allo sfruttamento e al controllo del territorio alterandone gli equilibri: è il caso degli interventi modificatori dell’agricoltura dei paesi in via di sviluppo mediante l’impiego di prodotti Ogm. Ma nonostante le innumerevoli catastrofi “naturali” causate dall’intervento dell’essere umano (straripamenti di bacini acquiferi causati dalla costruzione di dighe, crolli di montagne come conseguenza del disboscamento selvaggio) l’autore riesce a guardare al futuro con un moderato ottimismo; la nascita nella comunità scientifica di una nuova etica, che assume la natura come nuovo soggetto co-protagonista di diritti, sembra indicare la strada per una ridefinizione del rapporto essere umano-natura volta al recupero dell’equilibrio perduto: “L’esigenza di conservare l’ambiente è motivata dalla sopravvivenza dell’umanità stessa, e pertanto essa assurge a dovere morale primario” (p.306). In questo modo l’Occidente per la prima volta si allontana dall’antropocentrismo dogmatico (che considera la natura come un serbatoio ineusaribile di prodotti), che lo inchioda al presente, per assumere una posizione ecoantropocentrica, ovvero una forma di policentrismo che prevede l’equilibrio tra utilità e rispetto, natura ed essere umano.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here