Categorie: Spazio

La nuova mappa della radiazione cosmica di fondo

È un bottino che rende entusiasti i cosmologi: sono i dati del telescopio spaziale Planck, svelati oggi in diretta mondiale. Si tratta della mappa più accurata mai prodotta finora della radiazione cosmica di fondo (in inglese Cosmic Microwave Background, o Cmb), il residuo luminoso prodotto  dal Big Bang che permea tutto l’Universo. E che porta dentro di sé le informazioni fondamentali per capire cosa è successo nelle primissime fasi di vita del cosmo. 

“Gli scienziati della Nasa sono formidabili, e lavoriamo spesso insieme a loro, ma stavolta siamo stati noi i leader”. Inizia così, con una nota di comprensibile orgoglio da parte del direttore generale Jean-Jacques Dordain, la conferenza stampa dell’ Agenzia spaziale europea (Esa). Dopo i convenevoli di rito, Dordain ha voluto tenere ancora per un po’ tutti con il fiato sospeso, precisando che “i dati che presentiamo oggi sono solo la metà di quelli che arriveranno da Planck. Continueremo a raccoglierli fino a settembre-ottobre, quando finiranno le scorte di liquido refrigerante per il rivelatore. Ma l’analisi durerà almeno altri dieci anni: l’invito è a restare sintonizzati, perché nessun altro telescopio ha mai fatto un lavoro simile”. 

La parola è quindi passata a George Efstathiou, cosmologo della University of Cambridge: “La mappa che vi presentiamo rappresenta il più dettagliato disegno a tutto cielo della radiazione cosmica di fondo. È un risultato che ci svela i dettagli dei primi attimi di vita dell’Universo”. E la parola attimo, in ambito cosmologico, è da prendere abbastanza alla lettera: si parla di 10 -30 secondi dopo il Big Bang.“Quello che sappiamo finora è che l’Universo, da quando è nato, si sta espandendo. E l’espansione accelera costantemente”, prosegue Efstathiou: “Quello che invece sappiamo meno è perché questo stia avvenendo. La responsabile potrebbe essere quella che chiamiamo energia oscura, anche se non sappiamo precisamente cos’è. Planck ci aiuterà a scoprirlo”. 

Prima di arrivare ai risultati, Efstathiou spiega come sono stati raccolti e analizzati i dati. “Il detector di Planck è sensibile a un ampio spettro di frequenze luminose. Per ottenere la radiazione cosmica di fondo, abbiamo dovuto sottrarre dalla radiazione misurata tutti i contributi provenienti da altre sorgenti. È stato facile, perché ogni contributo è associato a una frequenza specifica”. E poi, finalmente, il succodelle misurazioni: “Abbiamo confrontato i dati raccolti con i modelli cosmologici standard. La nostra mappa è perfettamente in accordo con le previsioni teoriche, e ci ha permesso di dedurre nuove informazioni importanti sulla composizione dell’Universo”. 

Ecco le cifre: il 68,3% è costituito dall’ energia oscura (qualsiasi cosa sia), il 26,8% da materia oscura e il 4,9% da materia ordinaria. Quest’ultimo è un dato particolarmente importante, perché la materia ordinaria è l’unica componente di cui la scienza ha compreso più o meno bene il funzionamento. E le osservazioni precedenti a Planck attestavano al 4,5% la sua presenzanell’Universo. Adesso, scopriamo che ce n’è circa mezzo punto percentuale in più: “In pratica, abbiamo scoperto che ci sono meno cose che non capiamo”, commenta Efstathiou. Un’altra novità è quella relativa all’ età dell’Universo, che secondo i dati di Planck sarebbe leggermente più vecchio di quanto non si pensasse in precedenza. In particolare, il nostro cosmo avrebbe 13,81 miliardi di anni, con un’incertezza statistica attorno a cinquanta milioni di anni. 

“Da scienziato, non posso che essere felicissimo delle scoperte di Planck”, sostiene Efstathiou: “Ma, naturalmente, ci interessa più guardare le anomalie rispetto alle informazioni che collimano con la teoria. E qualche discrepanza c’è, soprattutto riguardo le fluttuazioni di temperatura della Cmb su larga scala. In merito a questo argomento, entriamo nel campo delle speculazioni: le fluttuazioni sono dovute a qualcosa che esisteva già prima del Big Bang e di cui ancora sentiamo la traccia? Sono ipotesi suggestive, ma abbiamo bisogno di parecchie decadi di studio per poter dire qualcosa di più in proposito”. E conclude con un coup de théâtre: “Parafrasando Schwartzenegger, vi saluto con un ‘We’ll be back’ ”. Ritorneremo. 

Via: Wired.it

Credits immagine: ESA and the Planck Collaboration

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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