La più grande truffa scientifica del secolo

Gianfranco D’Anna
Il falsario
Mursia 2010, pp. 232, € 17,00

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Le truffe di una qualche importanza sono state sempre, nella scienza, relativamente poche (ne ho parlato recensendo il libro di David Goodstein:On Fact and Fraud). Ma questa truffa, perpetrata a cavallo del 2000 dal giovane e brillante tedesco Jan Hendrik Schön ai danni del più grande e più celebrato laboratorio di Fisica della Materia del mondo, i Bell Labs, è stata un episodio di portata storica. Si tratta dunque di un soggetto che si presta a pennello per ricavarci un romanzo scientifico che, pur facendo leva sulla fantasia nei suoi risvolti particolari, è lungi dall’avere a che fare con la fantascienza.

Gianfranco D’Anna, fisico, non era presente nei laboratori al tempo del misfatto, ma ha conosciuto molti degli attori, che fa comparire sotto falso nome, a cominciare dal protagonista, che da Schön trasforma in Thebell (curioso, no?). La domanda che D’Anna si è posto è stata: quale ineluttabile e travolgente meccanismo può aver condotto un ricercatore professionista a inventarsi di sana pianta una miriade di poderose scoperte, a pubblicare decine di articoli di prestigio, a farli firmare a diversi coautori? E come è riuscito a filtrare attraverso le maglie dei controlli interni – per solito molto rigidi – e di quelli esterni delle riviste? Per ottenere infine, nel 2001, il prestigioso Premio Braunschweig per la Fisica, con voci di Nobel in circolazione? Un crescendo rossiniano che tuttavia prima o poi non poteva che bloccarsi. Tutto progettato? Ovviamente no, sarebbe stata follia autodistruttiva.

E allora l’autore va in cerca delle circostanze che possono aver spinto, prima a piccoli passi, poi a balzi sempre più lunghi, il giovane Thebell verso l’abisso, suggerendo una spirale di effetti perversi ma assolutamente plausibili, se non centrati in pieno. Non era cosa facile escogitare un tale garbuglio di fatti che rendesse possibile, nel santuario della scienza, quel gigantesco imbroglio. Anche perché nei fatti si trovarono coinvolti numerosi colleghi, tra cui i migliori teorici d’attorno. “Se i fenomeni naturali si possono capire costruendo modelli… la complessità e l’unicità delle ragioni che spingono ogni esser umano a fare certe cose non sono intelligibili che riproducendole nei minimi dettagli. E il romanzo è la forma migliore in questo esercizio”. Sono parole dell’autore. Naturalmente ci sono circostanze in cui occorre un notevole mestiere per mantenere il controllo della partita, ma direi che D’Anna ha fatto un buon lavoro.

L’avvio del libro non cattura subito, il lettore si sente ancora estraneo a un mondo che va scoprendo poco alla volta; ma via via che si aggiungono tasselli, la lettura diviene più spedita, appassionante, e l’ultima parte si legge d’un fiato. Non rivelerò i particolari per lasciare che il lettore li scopra da sé. Il libro non dice quale sia stato il castigo inflitto al colpevole, né solleva la questione di quanti tra i suoi colleghi in un modo o nell’altro siano stati conniventi. La commissione d’inchiesta allestita dai Bell Labs li ha “assolti” tutti, ma io dubito che il capo diretto del giovane falsario, che con lui firmò quasi tutti i lavori e condivise gli onori, possa essere stato così cieco da non nutrire mai sospetti. Quest’ottusità stessa sarebbe dovuta bastare per farlo rimuovere da ogni incarico di responsabilità (il che non è invece accaduto). Immagino che riconoscere colpevole un capo di laboratorio avrebbe significato gettare fango, assai più fango, sull’intero sistema.

Per chi questo “romanzo”? Di facile comprensione per i fisici, offre a costoro – ove non fossero già degli esperti in merito – un modo semplice e intrigante di conoscere i dettagli del più grande scandalo della scienza contemporanea. A un ricercatore alle prime armi servirà da monito indelebile che tutto nella scienza – parole, grafici, scritti – deve corrispondere in ogni istante all’esatta verità conosciuta, perché non si inneschino meccanismi imprevisti e irresistibili, e soprattutto perché non venga sprecato lavoro, tempo e denaro altrui. Al profano, almeno quello che non si sarà arreso di fronte alle molteplici spiegazioni di natura tecnica (in verità non elementari), darà un’idea di come funziona un ambiente di ricerca di alto livello, dove con le amicizie si incrociano le invidie, con le collaborazioni le rivalità, e dove gli uomini, quanto a fantasia, passione e motivazioni, operano in maniera non dissimile da quella degli artisti.

P.S. Dimenticavo la frase notabile, a Parigi: “… e qualche Nobel francese, che come la cucina nazionale sembrano più raffinati e squisiti che altrove per ragioni ignote…”.

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