La proteina che lascia il segno

    Una spia, che rivela la presenza di molecole altrimenti invisibili e traccia i percorsi delle cellule. Una proteina dalla curiosa, particolare proprietà di emettere luce fluorescente che ha segnato la strada verso il Nobel per chi l’ha scoperta e studiata. Quest’anno il riconoscimento più ambito per la chimica va infatti a Osamu Shimomura che per primo ha isolato la Gfp – questo il nome della macromolecola – dalla medusa Aequorea victoria nel 1962, e ha poi svelato la sua peculiarità. Gli altri vincitori sono Martin Chalfie che ne ha dimostrato l’importanza come marcatore biologico, e  Roger Y. Tsien che ha studiato i meccanismi della sua fluorescenza e ha mostrato agli altri ricercatori come “colorare” molecole e proteine.

    L’uso di questo marcatore, in grado di emettere luce verde fluorescente se esposto a raggi ultravioletti, è stato rivoluzionario per la biologia. Non solo è facilmente rilevabile, ma è inerte (non modifica in alcun modo l’organismo o il sistema in ci viene inserito) e viene smaltito facilmente. Grazie alle tecniche di bioingegneria, Gfp viene oggi utilizzata per rilevare cellule tumorali, interazioni tra le proteine, danni ai tessuti cerebrali causati da malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, ed è stata usata per comprendere come le cellule produttrici di insulina vengono create nel pancreas durante lo sviluppo embrionale.

    In Italia, il gruppo di ricerca del National Enterprise for Nanoscience and Nanotechnology (Nest) della Normale di Pisa e dell’Istituto Nazionale di fisica per la materia (Cnr-Infm) collabora con  Tsien e ha sviluppato e brevettato diverse varianti di Gfp. Tra queste, le “reporter”, che sono più semplici da  individuare rispetto all’originale, e le “sensore”, che mutano il colore con cui rispondono alla luce a seconda della posizione e dello stato della cellula, e sono come “registratori” di attività biologiche.

    Osamu Shimomura lavora presso il Marine Biological Laboratory di Woods Hole, Martin Chalfie presso la Columbia University di New York e Roger Y. Tsien per l’Università della California di San Diego. (t.m.)

     

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