La rivoluzione elettrica

    Se lo stato dell’arte dei nostri processi decisori manifesta ancora molti elementi di incertezza riguardo alle modalità di recepimento della Direttiva europea che aprirà alla concorrenza il mercato elettrico europeo, l’interesse degli investitori per il mercato italiano non può comunque esserne compromesso. Per due sostanziali motivi: la sua importanzain termini assoluti e il crescente ruolo già assunto dai produttori indipendenti, spesso in partnership con investitori esteri.

    L’Italia, per dimensione, è il quarto mercato elettrico europeo, con il 12% circa dei consumi totali (la Spagna, che ci segue, è a poco più della metà). Le prospettive di crescita, inoltre, da noi sono relativamente migliori: per il più basso consumo pro-capite (-30% rispetto alla media europea) e per il minor tasso di penetrazione dell’energia elettrica (34% contro una media OCSE del 39%). Conseguenza, l’uno e l’altro fenomeno, dei maggiori squilibri territoriali e del più basso livello di modernizzazione del paese.

    In Italia, ad esempio, il consumo per unità d’output del terziario è inferiore del 70-80% rispetto a Germania, Francia, Gran Bretagna. Se il consumo pro-capite del Nord è inferiore ma non lontano da quello dell’Europa più avanzata, non è così per il Sud: con livelli sino a 3-4 volte inferiori ed incredibilmente prossimi a quelli d’oltre Mediterraneo. L’elettrificazione del Sud è stata sinora sostanzialmente di tipo rurale, così che l’elettricità costituisce tuttora un vincolo all’insediamento di attività produttive. Per questo motivo, l’obbligo a renderla disponibile – potenziando ulteriormente la rete distributiva primaria e secondaria – non dovrebbeallentarsi, ma semmai divenire più cogente.

    Anche ipotizzando l’invarianza dei consumi specifici del Sud e solo una leggera crescitadella penetrazione elettrica, la richiesta di elettricità può prevedersi (cautelativamente) increscita di 40 Mld kWh, passando, tra il 1995 e il 2003 – quando andrà a regime la prima fasedella liberalizzazione europea – da 260 a 300 Mld kWh.

    La crescita dei produttori indipendenti è stata da noi più sostenuta di quella che si è avutain regimi nominalmente molto più liberali del nostro, ad iniziare da quello inglese. Alla finedel 1995, la potenza delle centrali di proprietà degli indipendenti ammontava in Italia a circa9.200 MW, contro poco meno di 6.000 in Gran Bretagna. Alla stessa data erano incostruzione o programmati in Italia altri 8.000 MW contro 9.000 in Gran Bretagna. Ilcontributo degli indipendenti alla copertura della richiesta interna ha raggiunto in Italia il17% contro il 14% in Gran Bretagna, il 7% in Francia e Spagna, il 4% in Belgio.

    E’ pur vero che la crescita degli indipendenti – in un modello organizzativo non lontano daquello dell’acquirente unico (stante il loro obbligo a vendere unicamente all’Enel le quantitàprodotte e non autoconsumate) – è avvenuta in un assetto non concorrenziale, in virtù di unfavorevole quadro normativo e tariffario, non più sostenibile in un diverso assetto. Esso èvalso non di meno:

    – a consolidare ed allargare la platea degli operatori privati nazionali ed esteri (5 societàelettriche estere operano già in Italia (1) in joint venture con società italiane con una capacità produttiva pari a 3.150 MW);

    – a conseguire, attraverso gli sviluppi tecnologici a cui si è accompagnata, considerevolirisparmi di energia, miglioramenti ambientali, maggiori rendimenti elettrici.

    I risultati conseguiti rappresentano per i produttori indipendenti una solida base di partenzaper cogliere le grandi opportunità che ora si dischiudono con la Direttiva.

    Pochi dati ne rendono conto, ad iniziare dalla stima dell’estensione assoluta del mercatoche si offre ai potenziali entranti. L’entrata di nuove imprese (o la crescita di quelleindipendenti che già operano) potrà aversi sia nel mercato vincolato (con venditadell’energia all’acquirente unico, sempre che alla fine si scelga questo modello) sia nelmercato libero (con la vendita diretta ai consumatori eleggibili finali o per il tramite di uneventuale mercato all’ingrosso). L’entrata nei due mercati differisce sia sotto il profiloquantitativo che per il diverso regime giuridico che la regolamentazione comporta.

    L’entrata nel mercato vincolato sarà (verosimilmente) legata a procedure di gara di appalto,secondo le modalità definite nell’art. 6 della Direttiva 96/92 CE, nel pieno rispetto di criteriobiettivi, trasparenti e non discriminatori. Tali procedure saranno gestite da un’appositaAutorità o organismo pubblico o privato designato dallo Stato, purché indipendente dalleattività di generazione, trasmissione e distribuzione di energia elettrica. Effettuate sullabase delle esigenze programmatiche elaborate direttamente dall’amministrazione centraleo da qualsiasi altro organismo designato dallo Stato, esse riguarderanno sia nuovacapacità produttiva che capacità di sostituzione.

    Quantificare questo potenziale di entrata e collocarlo temporalmente è oltremodo difficile. Inlinea generale, vi influiranno soprattutto cinque variabili:

    (a) andamento dei fabbisogni elettrici;

    (b) età e struttura dello stock di impianti;

    (c) normative ambientali;

    (d) politiche di pricing del regolatore;

    (e) modalità di funzionamento del mercato all’ingrosso (sempre che sia istituito).

    Pur in uno scenario di cautelativo aumento dei fabbisogni di elettricità, quale quello sopraformulato, è da ritenere che gli spazi di entrata nel mercato vincolato possano risultare nonindifferenti, in relazione soprattutto all’età del parco esistente – con 1/3 della capacitàtermoelettrica con più di 25 anni (Tab. 1) – e al progressivoinserimento degli standard ambientali, sia sul versante delle emissioni sia su quellodelle specifiche qualitative dei prodotti petroliferi impiegati.

    Tabella 1 – Età del parco termoelettrico in Italia

    Età (anni)

    Potenza (MW)

    Distribuzione

    (%)

    più di 35

    1.863

    4,7

    35-25

    11.017

    28,0

    32,7

    25-15

    12.276

    31,3

    64,0

    15-1

    14.117

    36,0

    100,0

    Totale

    39.273

    100,0

    (Dati a fine 1996. Impianti > 50 MW in termini di potenza lorda)

    Relativamente più facile è la quantificazione del potenziale di entrata nel mercato libero,ovvero la quota parte del mercato in cui è riconosciuta ai consumatori finali piena libertà discelta dei fornitori e, simmetricamente, piena libertà di vendita ai produttori (o agli eventuali rivenditori). Il grado (minimo) di apertura calcolato dalla Commissione europea per il 1998 è, come detto, del 25,37%, corrispondente ad una soglia di consumo per sito di 33,6GWh/anno. In termini assoluti, tale apertura corrisponde a un consumo di 62,4 Mld kWh dielettricità: assicurati nel 1996 per 41,1 Mld kWh da vendite Enel, per 20,0 daautoproduzione, per 0,5 da aziende municipalizzate (Tab. 2).

    Tabella 2 – Grado minimo di apertura del mercato elettrico e consumi dei clienti finali in Italia (1996)

    Classi di consumo
    (Gwh/anno per sito)

    Vendite Enel
    (TWh)

    Autoconsumo
    (TWh)

    Consumo Totale
    (TWh)

    Quota di mercato(1)
    Assoluta %

    Quota di mercato(1)
    Cumulata

    FS

    4,9

    0,0

    4,9

    2,0

    2,0

    oltre 100

    24,1

    17,9

    42,0

    17,1

    19,1

    40-100

    10,2

    2,5

    12,7

    5,2

    24,2

    33,6-40

    1,9

    0,4

    2,3

    0,9

    25,2

    Totale Enel e autoproduttori

    41,1

    20,8(2)

    61,9

    Clienti AEM eligibili

    0,5

    0,2

    25,4

    Totale Italia

    62,4

    (1) Calcolate sulla base del consumo totale del 1996 di 246,0 Twh
    (2) L’intero autoconsumo nel 1990 è stato di 23,9 Twh (10 Totale)

    Qualora si escludesse da tale computo la complessiva energia prodotta e consumata dagliautoproduttori (autoconsumo), l’estensione iniziale del mercato libero salirebbe a 86,3 Mld kWh, pari al 35% dell’intero mercato e al 44% del comparto non-domestico. Il “DocumentoCarpi” (2) si è espresso in tal senso proponendo altresì di inseriretra i clienti liberi consorzi di utenti e soggetti giuridici con più punti di prelievo (superiori ai 5 GWh/anno), e quindi con un “grado di apertura” di difficile quantificazione (3) ma collocabile ben al di sopra della soglia del 35% iniziale.

    Quale sia il “grado di apertura” preferibile è questione di certo rilevante – perché perdefinizione non c’è mercato senza sua apertura – ma che rischia, nei modi in cui è posta, diessere questione più nominale che sostanziale. Due sono, a nostro avviso, gli aspetti di cuitener conto. Primo: maggiore è il grado di apertura, maggiori sono gli stranded costs cheandrebbero a gravare sull’utenza, così da ridurre la convenienza dell’entrata e gli stessivantaggi della concorrenza per i consumatori finali.

    Secondo aspetto di cui tenere conto è la gradualità dei tempi necessari a rendere effettival’entrata sia dal lato dell’offerta (nuova capacità o acquisizione di capacità esistente daammodernare) sia dal lato della domanda. In Inghilterra, dopo 5 anni dalla liberalizzazionedei mercati, “solo” il 61% dei 5000 consumatori (con potenza > 1 MW) aveva lasciatol’abituale fornitore. In conclusione, superare di molto la soglia iniziale di apertura deimercati rischierebbe di compromettere gli stessi vantaggi della concorrenza, mentre nonsortirebbe grandi mutamenti sostanziali sul piano dei flussi commerciali – date le inerzienei comportamenti – e ci esporrebbe ai rischi di asimmetria verso quei paesi europei(verosimilmente non pochi) che si attesteranno su soglie inferiori.

    Al di là del “grado di apertura” iniziale del mercato, significativa è poi la sua crescita:prevista nella Direttiva dal 25% circa del 1998 al 33% del 2003 (3). Un orizzonte questorelativamente breve, dati i tempi di aggiustamento dei mercati, e sostanzialmente nondiverso da quello registrato nella deregulation inglese. Quali potenzialità di entratadischiude quindi nel mercato italiano il percorso di liberalizzazione indicato nella Direttiva?E quali conseguenze produrrà di per sé sull’assetto della nostra industria dal versantedella generazione e della distribuzione (indipendentemente cioè da quel che decideranno inostri decisori)?

    Tabella 3 – Possibili scenari nella generazione elettrica in Italia (Mld Kwh)

    Produzione Enel

    Importazioni Enel

    Produzione indipendenti(1)

    Totale

    1996

    173 (66%)

    37 (14%)

    52 (20%)

    262 (100%)

    2003
    (apertura 33%)

    126 (2) (42%)
    20(3)(7%)

    154 (51%)

    300 (100%)

    2003
    (apertura 43%)

    100(2) (33%)

    20(3) (7%)

    180 (60%)
    300 (100%)

    (1) Comprende anche le municipalizzate e produttori minori
    (2) Nell’ipotesi che all’Enel sia precluso di operare direttamente sul mercato libero
    (3) Si sono qui considerati i contratti dedicati

    Nella Tab. 3 abbiamo elaborato due scenarievolutivi al 2003 (4): il primo, con un “grado di apertura” dei mercati del 33% (come da Direttiva); il secondo, del 43% (aggiungendo cioè la quota degli autoconsumi), ipotizzando che sia impedito all’Enel di operare nel mercato libero.

    Esaminiamo separatamente gli esiti che ne deriverebbero. Dal lato della produzione, si aprirebbe un potenziale di entrata addizionale per gli operatori indipendenti(relativamente al solo mercato libero) rispettivamente di 63 e 89 Mld kWh, arrivando a untotale di 154 e 180 Mld kWh. In altri termini: in soli 7 anni (1996-2003) lo spazio di mercato a loro consentito potrebbe aumentare da 3 a 3,5 volte rispetto ai livelli attuali. La loro quota di mercato passerebbe parallelamente dall’attuale 20% al 51% – 60%. Una crescitapotenziale davvero straordinaria, che legittima non pochi dubbi sul fatto che essa possaeffettivamente essere colta e non che sia troppo esigua.

    Di converso, la quota della produzione Enel (al netto delle importazioni ancora vincolate dacontratti di lungo termine) si ridurrebbe dal 66% al 33% – 42% nei due scenari. Posizioni dicerto dominanti ma non superiori a quelle riscontrabili in molti altri sistemi elettrici (o in altri settori industriali). Ai regolatori il compito di impedirne o sanzionarne l’abuso. Non meno rilevanti i cambiamenti che si originerebbero nell’assetto della distribuzione-vendite dielettricità: la quota dell’Enel scenderebbe dall’84% al 60% – 46% nei due scenari,introducendo (nel secondo caso) l’ipotesi che la distribuzione di elettricità nelle areeattualmente co-gestite con le aziende municipalizzate sia interamente assunta da questeultime (ammesso e non concesso che siano in grado di farlo, specie sotto il profilofinanziario).

    Da questi pochi dati, pur approssimativi, emerge con tutta evidenza una conclusione: laDirettiva di per sé determina nei prossimi anni enormi cambiamenti nell’industria elettricaitaliana: nel segno dell’introduzione della concorrenza là dove è consentito, della riduzionedella posizione dominante dell’Enel, dell’apertura del mercato a nuovi entranti. Il mercato elettrico è destinato quindi a modificarsi radicalmente. Ciò dipenderà: dalle regole che siadotteranno per rendere possibile l’entrata su basi concorrenziali; dalla capacità degli investitori di renderla effettiva; dal complessivo percorso della riforma elettrica. Un percorso – è auspicabile – che sfrutti appieno i benefici di un vero mercato senza compromettere ciò che di buono si è conseguito; che sappia contemperare concorrenza e salvaguardia del servizio pubblico; che rafforzi e non indebolisca l’industria nazionale; che consenta in tempi rapidi l’avvio (almeno) del processo di privatizzazione dell’Enel.

    Note

    1) Le società estere presenti in Italia sono: la belga Tractabel (in joint con Solvay),l’americana Mission (con Isab Energy), l’americana Enron (con Sarlux, Gruppo Moratti), lafrancese EdF (con ISE, Gruppo Edison), la tedesca Destec Energy (con A.T.I. Sulcis).

    2) Si tratta del “Documento conclusivo” elaborato dalla Commissione consultiva per la riforma del sistema elettrico italiano istituita dal Ministero dell’Industira il 24.09.1996 e presieduta dall’On. Carpi. Il Documento, del 28 gennaio 1997, si compone di 19 pagine di testo e di un allegato su “Linee guida per il recepimento della Direttiva dell’UE sul mercato interno dell’elettricità e per la riforma del settore elettico italiano”.

    3) Esso dipenderebbe, infatti, dalla eventuale convenienza e dall’iniziativa dei soggetti interessati ex-ante non qualificabili.

    4) Quella del 33% è solo una stima che dipenderà dall’effettivo valore della media aritmetica che nel 2003 si registrerà nelle utenze con soglia di prelievo superiore ai 9 GWh.

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