Categorie: Salute

La “road map” per diminuire i suicidi nel mondo

Un milione di morti: più di quante ne causino ogni anno omicidi e guerre insieme. Parliamo dei suicidi, un’autentica epidemia a livello globale, che oggi è la terza causa di morte nella fascia di età maggiormente produttiva, quella tra i 15 e i 44 anni, con percentuali in costante aumento dall’inizio della crisi economica. Un fenomeno di enorme impatto economico e sociale, del quale si comprendono poco le cause, e per il quale mancano ancora sforzi di ricerca mirati a sviluppare interventi preventivi e trattamenti efficaci. Questa almeno è l’opinione di due psichiatri olandesi, André Aleman dell’Università di Groningen e Damiaan Devis dell’Istituto per le Neuroscienze Olandese di Amsterdam, che in un commento su Nature tratteggiano un vero e proprio piano, che mette in luce le tappe necessarie per cercare di comprendere meglio, e quindi arginare, l’impatto globale dei suicidi nei prossimi anni.

Secondo i due scienziati, quello che si rende ormai necessario è un autentico cambiamento di paradigma. I “comportamenti suicidi” infatti oggi sono considerati in molti casi come “complicazioni” di altre sindromi psichiatriche, piuttosto che patologie a se stanti, e mancano per questo ricerche che ne analizzino i meccanismi scatenanti, e i possibili interventi terapeutici. A motivare questa mancanza di attenzione sarebbero diversi ordini di motivi: una sorta di tabù culturale, per cui in molte società il suicidio sarebbe ancora visto come qualcosa di disonorevole, da nascondere piuttosto che studiare a fondo, ma anche le difficoltà scientifiche di un problema caratterizzato da aspetti psichiatrici, ma anche sociali, morali, finanziari e culturali.

Quel che serve dunque è un piano di interventi, che riescano a promuovere studi sistematici dei comportamenti suicidi, per arrivare a individuarne i meccanismi scatenanti e studiare specifici programmi di prevenzione. Il piano redatto dai due psichiatri si articola in quattro punti: caratterizzare il suicidio come una patologia psichiatrica a se stante; comprenderne i meccanismi scatenanti; finanziare la ricerca sui suicidi; promuovere la prevenzione.

Secondo Aleman e Devis, considerando i comportamenti suicidi come un’autentica patologia psichiatrica, mettendone in luce i meccanismi psicologici e neurobiologici, aumentando i fondi della ricerca e implementando specifici programmi di prevenzione, in pochi anni si potrebbe diminuire fortemente l’incidenza dei suicidi a livello globale. Serviranno sforzi coordinati da parte delle autorità sanitarie, dei ricercatori e dei clinici, ma di fronte ad un milioni di morti, e altri 10-20 milioni di persone che tentano il suicidio ogni anno, fare di più sarebbe non solo possibile, ma anche doveroso.

Riferimenti: Nature doi:10.1038/509421a

Credits immagine: Petri Damstén/Flickr

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

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