La salute in un chip

Leggono il Dna e rilevano lo stato di salute di un organismo. Sono i biochip, sofisticati prodotti dell’industria biotecnologica, che permettono la caratterizzazione di tutti i geni di un individuo o di una singola cellula con un solo esperimento. La metodica, inaugurata lo scorso novembre nella sede dell’Istituto Internazionale di Genetica e Biofisica, presso il Cnr di Napoli, apre una nuova era nello studio dei tumori, del diabete e di altre malattie. Le potenzialità di questa tecnica derivano dalla messa a punto di procedure automatizzate per la costruzione e l’utilizzo dei microarray, i chip di Dna su cui sono rappresentate intere collezioni di geni. Delle matrici che permettono di confrontare quali sequenze vengono espresse in una cellula mutata rispetto a una normale. O di rilevare il cambiamento dei profili di espressione in risposta ai farmaci. Oppure di analizzare l’intero patrimonio genetico di un individuo. Galileo ne ha parlato con Michele D’Urso, coordinatore del nuovo servizio, finanziato dal Progetto Finalizzato Biotecnologie del Cnr, e da anni impegnato nel Progetto Genoma Umano.

Dottor D’Urso, come funziona la nuova metodica di indagine del patrimonio genetico umano basata sui microarray?

“Presso il nostro Istituto è disponibile un sistema di indagine basato sull’uso dei microarray, il sistema integrato brevettato GeneChip Affymetrix, che permette di analizzare l’intero patrimonio genetico di differenti organismi tra i quali il topo, il lievito e l’uomo. Per realizzare un esperimento si estrae dal campione in esame (cellula o tessuto) il materiale genetico che rappresenta tutti i geni espressi (sotto forma di Rna messaggero), che viene opportunamente trattato e reso fluorescente. Il campione viene inserito nel microarray dove si lega stabilmente alle sequenze a esso complementari. Ogni microarray viene ibridato con una sequenza bersaglio sintetizzata a partire da un unico tipo cellulare. In questo modo si possono confrontare, per esempio, cellule tumorali con le loro controparti normali per cercare di identificare i geni responsabili dell’insorgenza dello stato tumorale. I risultati delle ibridazioni vengono rilevati da uno scanner che li trasmette a un computer nella cui memoria sono state inserite le caratteristiche e la posizione di ogni singola sequenza presente sul microarray. Il legame viene poi visualizzato come punti luminosi di differente intensità ed elaborato da un altro computer. I dati ottenuti dall’elaborazione dell’immagine possono quindi essere utilizzati mediante complessi programmi statistici, per successive e più complesse analisi, in maniera da poter raggruppare tutti quei geni che hanno un simile comportamento, al fine di interpretare i risultati ottenuti”.

Quali sono le principali applicazioni di questa nuova tecnologia?

“La tecnologia basata sui microarray, rappresenta un mezzo di indagine straordinariamente innovativo, in quanto permette di analizzare con un singolo esperimento l’intero patrimonio genetico di un organismo. I microarray possono essere utilizzati per identificare mutazioni presenti nei geni e per comprendere, attraverso l’analisi simultanea di migliaia di geni, la patogenesi sia delle malattie genetiche vere e proprie (quelle cioè che si trasmettono in famiglia), sia di quelle multifattoriali coem diabete, osteoporosi, aterosclerosi. L’identificazione di mutazioni è fondamentale per la prevenzione delle malattie genetiche, per la diagnostica precoce dei tumori, nonché in microbiologia per la identificazione di ceppi batterici o virali. Un altro settore di applicazione è quello dell’analisi funzionale simultanea di decine di migliaia di geni e, in futuro prossimo, di tutti i geni che costituiscono il nostro patrimonio genetico. Inoltre i risultati che si otterranno con questa nuova tecnologia saranno fondamentali per sviluppare nuovi farmaci, e per meglio utilizzare quelli attualmente disponibili dando al medico la possibilità di adattare la terapia sulla base delle caratteristiche genetiche di ognuno di noi”.

Questa tecnica permette anche di rilevare la presenza di polimorfismi genetici e di mutazioni genetiche?

“Si, con i microarray è possibile anche effettuare analisi di genotipizzazione. Sono disponibili microarray sui cui sono presenti polimorfismi nucleotidici derivati da tutti e 22 i cromosomi umani, e che permettono quindi di identificare le varianti polimorfiche individuali dei geni di un individuo. Esistono inoltre altri tipi di microarray ideati specificamente per effettuare un’analisi accurata della variabilità genetica nel cancro e nel metabolismo dei farmaci: quello per l’analisi dell’intera regione codificante il gene p53 e la rilevazione di qualsiasi mutazione a carico di esso, e il microarray capace di discriminare tra le differenti mutazioni che interessano i geni codificanti per il citocromo p450. La proteina p53 è uno dei più importanti geni “tumor-suppressor” poiché interviene nel mantenimento della stabilità genomica cellulare in risposta ai danni del Dna. Dal momento che i tumori hanno una proliferazione non controllata proprio per l’accumulo di mutazioni genetiche, p53 può essere utilizzata per la diagnosi e per fornire informazioni sulle risposte cellulari ai danni esterni. Il citocromo p450, invece, è coinvolto nei processi del metabolismo dei farmaci e le sue mutazioni genetiche sono spesso associato ad alterazioni cliniche individuali”.

Quanto tempo ci vorrà prima che questa tecnica possa essere utilizzata di routine?

“Lo sviluppo di microarray diagnostici sarà sicuramente incrementato dall’aumento delle conoscenze del genoma umano grazie al completamento della sua sequenza. Questo rappresenta il reale fattore limitante all’utilizzo diagnostico di routine dei microarray. Ma probabilmente questo sarà realizzato nel giro di pochi anni”.

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