La scienza dietro le polemiche

Il caso è noto. Un bambino di cinque anni malato di talassemia è guarito grazie a un trapianto di cellule staminali contenute nei cordoni ombelicali dei due suoi fratelli. La notizia, scientificamente rilevante, ha assunto subito una piega politica. Il ministro della Salute, che insieme ai medici del Policlinico San Matteo di Pavia che hanno eseguito l’operazione ha tenuto a presentare di persona questo risultato clinico, ha giustamente sottolineato che si è trattato di una vittoria della ricerca sulle cellule staminali adulte. L’unico tipo di cellule staminali umane per cui il governo ha deciso di dare dei finanziamenti. Ma il fervore politico ha offuscato il medico che è in Sirchia. L’intervento miracoloso si basa su un presupposto: la selezione su base genetica degli embrioni prodotti dai genitori che, per non dare alla luce un altro bambino malato di talassemia si sono rivolti, sebbene non sterili, a un centro di procreazione assistita. Insomma hanno fatto ciò che in Italia grazie alla legge 40 non è più possibile fare. Accortosi dell’errore il ministro si è trincerato dietro “non sapevo” ma ormai il boomerang era già tornato indietro. Il polverone che si è sollevato intorno alla storia rischia però di offuscare la ragione che rende l’operazione di Pavia importante, diversa dalle migliaia di trapianti di cellule cordonali eseguiti da 15 anni a questa parte. Per la prima volta al mondo, infatti, l’ostacolo maggiore per l’uso delle cellule staminali cordonali è stato superato: pur partendo da una quantità esigua si è riusciti a moltiplicare queste cellule fino a raggiungere una quantità efficace dal punto di vista terapeutico. Il tutto grazie a una metodologia messa a punto dal team di Wanda Piacibello, professore associato alla facoltà di Medicina dell’Università di Torino. L’abbiamo intervistata. Dottoressa Piacibello, qual è l’ostacolo nell’impiego di cellule staminali di cordone?“Il problema è che sono solo una frazione esigua del sangue placentare e spesso non bastano. È necessario farle replicare in laboratorio, e questo si è rivelato un’impresa di eccezionale difficoltà. Una volta espanse in coltura, la trasfusione non dava gli effetti sperati. Le cellule staminali perdevano tutta la loro capacità di ricostituire il tessuto emopoietico. La quantità di cellule richiesta per il trapianto in pazienti affetti da talassemina, da leucemia o da altre neoplasie ematologiche, è enorme. Svariati milioni di cellule per chilogrammo corporeo. Avendo a disposizione una quantità di sangue placentare limitata era possibile trapiantare solo bambini al di sotto dei 20-30 chilogrammi di peso. Per adolescenti o adulti bisognava trovare tecnica per espandere le staminali in vitro.Gli studi in questo senso, intrapresi presso il Dipartimento di scienze oncologiche dell’Università di Torino nel 1995 e tuttora in corso, presso l’Ircc, hanno dato i loro frutti. Dopo anni di ricerca abbiamo ottenuto la tecnica di espansione cercata”.Come ci siete riusciti?“Abbiamo individuato la miscela dei fattori di crescita giusti in cui far crescere le staminali all’interno delle sacche di coltura. Quando si è visto che in vitro la tecnica funzionava siamo passati alla fase preclinica in vivo. Qui ci sono venuti in aiuto dei topolini speciali. Sono animali che non hanno difese immunitarie e possono vivere solo in ambienti sterili. Grazie a questa caratteristica è stato possibile irradiare il loro sistema emopoietico, distruggendolo, ed eseguire il trapianto di sangue con le staminali umane espanse. Questi topi non sono immunocompetenti, non hanno la capacità di rigettare le cellule umane. Con loro abbiamo simulato il trapianto di sangue cordonale in un bambino con cellule espanse. Risultato: i topi riacquistavano un’emopoiesi umana normale. C’erano ormai tutte le carte in regola per passare alla sperimentazione umana. Il primo caso è stato proprio il bimbo talassemico”. Come mai la soluzione con cellule staminali di cordone espanse è più valida del trapianto di staminali adulte da midollo osseo?“Il problema del trapianto da midollo è la compatibilità del donatore. Se si è fortunati si ha un fratello o un gemello compatibile. Con un donatore estraneo la possibilità è molto remota. A differenza del midollo, la disponibilità di sangue placentare compatibile nelle banche del cordone ombelicale è alta. L’unico ostacolo era davvero solo quello di trovare un modo per amplificarle e rendere l’operazione accessibile a tutti”.È tempo quindi di cantare vittoria?“Si, credo che questa tecnica permetterà l’accesso al trapianto anche agli adulti. E poi si apre la strada per nuove ricerche. Per esempio, possiamo studiare se queste staminali sono in grado di dare origine a cellule di tessuti diversi da quello emopoietico e funzionare per guarire altre malattie”.

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