La stella più antica dell’Universo

Come sono nate le prime stelle? Per scoprirlo bisognerebbe tornare ai tempi del Big Bang, l’enorme esplosione che ha dato vita a gigantesche nubi di particelle, principalmente composte da idrogeno ed elio. Infatti, proprio dal collasso di queste nubi si sono originate le prime stelle: oggetti estremamente massivi, luminosi e destinati ad esplodere poco dopo come supernove. Sulla scia di queste esplosioni, successive nubi di gas hanno dato origine a una seconda generazione di stelle, che possono essere osservate dai nostri telescopi ancora oggi. Ed è proprio una di queste stelle, distante da noi parecchie migliaia di anni luce, che gli scienziati del Mit, hanno immortalato: con un’età di 13,7 miliardi di anni, si tratta di una delle stelle più antiche mai osservate nell’Universo.

Lo studio, pubblicato su Nature, fa luce su quelli che devono essere stati i processi in opera nelle prime fasi di vita dell’Universo e sottolinea la possibilità che queste prime generazioni di stelle fossero molto più differenziate del previsto.

Proprio a causa della loro origine, gli scienziati hanno sempre pensato che le prime stelle dovessero contenere una enorme quantità di energia, che rilasciavano eruttando i primi elementi pesanti, tra cui carbonio, ferro e ossigeno. Ma la stella osservata sembra negare questa ipotesi: la piccolissima quantità di ferro contenuto in essa sembra suggerire che si tratti di una stella di seconda generazione (le stelle che contengono minime quantità degli elementi cosiddetti pesanti si sono formate nelle prime fasi dell’Universo, quando la maggior parte degli elementi doveva ancora originarsi). Ma se i livelli di ferro sono così bassi, secondo gli scienziati, la sua stella progenitrice non deve essere stata poi così energetica come si supponeva: non abbastanza da espellere il ferro contenuto nei suoi strati più interni.

Per trovare una stella di seconda generazione, Anna Frebel e colleghi hanno esaminato i dati spettrali di milioni di stelle, ottenuti da SkyMapper, un telescopio automatico che studia pianeti, stelle e asteroidi nell’emisfero australe. I ricercatori hanno quindi ristretto il campo ad alcune stelle con composizioni chimiche compatibili, e le hanno osservate più attentamente con i telescopi Magellan, in Cile, individuandone infine una con un livello di ferro 10 milioni di volte inferiore a quello contenuto nel Sole: di fatto si tratta della minore quantità di ferro mai contenuta in una stella, abbastanza per convalidare l’ipotesi che si tratti di una stella di seconda generazione.

“Una questione centrale per tutti noi è: come si sono formate le prime stelle e galassie?” ha commentato Frebel, “Queste stella possedeva un’energia esplosiva minore del previsto, persino inferiore alle supernove attuali, che è un risultato inaspettato. Questo ci dice che dobbiamo in qualche modo rivedere la teoria, perché potrebbe esserci più varietà di quella che avevamo previsto nella prima generazione di stelle.”

Riferimenti: MIT

Credits immagine: Nasa

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