La storia di Stephen Sutton per la lotta al cancro

“Ciao! Il mio nome è Stephen e sono praticamente un ragazzo nella media, fatta eccezione per il fatto che gli ultimi tre anni li ho passati combattendo il cancro”. Si presentava così Stephen Sutton, protagonista della sua Stephen’s Story, un racconto della sua vita e una lista delle cose da fare prima di morire. Ma soprattutto la sua è la storia di come ha trasformato una diagnosi di tumore, incurabile, nella missione di raccogliere fondi per la lottaal cancro per il Teenage Cancer Trust, l’organizzazione che si occupa della malattia tra i giovanissimi. E lui ha superato di gran lunga il suo obiettivo iniziale: Stephen, morto ieri, è riuscito a raccogliere oltre 4 milioni di euro per la lotta contro il cancro.

Tutto, come racconta la Bbc, è cominciato nel 2010, quando al giovane venne diagnosticato un tumore all’intestino. A nulla sono servite gli interventi chirurgici sui si è sottoposto, la chemio e la radioterapia. A nulla, se non a trasformare la sua storia in quella di un’impresa di successo nella lotta al cancro e nel fund raisign, che Stephen ha raggiunto con la determinazione, l’entusiasmo, il supporto di personalità dello spettacolo e al potere virale dei suoi post su Facebook e Twitter. Come quel pollice alzato dello scorso aprile, sorridente, al letto.

Superando l’obiettivo iniziale di appena 10mila sterline, Sutton è diventato il più grande finanziatore (individuale) del Teenage Cancer Trust di tutti i tempi, mettendo insieme oltre 150 mila donazioni provenienti da tutto il mondo. Una dimostrazione, raccontano gli esperti di social media, del potere sì emotivo della storia personale di Stephen, ma anche di quello che i social network possono fare per il fund raising. È stato lo stesso per Rachel Beckwith, la bambina che sognava di raccogliere fondi per l’emergenza idrica per l’organizzazione MyCharityWater oper il giovane Jack Henderson con la Sick Kids Friends Foundation di Edimburgo.

Stuart Fowkes, social media manager per Oxfam, spiega così quanto siano diventati fondamentali i social network per la beneficienza, negli ultimi anni: “Stiamo sempre di più vedendo che la gente vuole essere in grado di fare donazioni attraverso piattaforme che ci sono già”, ha spiegato: “Non vogliono avere qualcosa da firmare. Vogliono fare qualcosa attraverso Twitter o Facebook”. E qualcuno riesce a farlo fare in maniera eccellente, come aggiunge anche Lucy Hooberman, docente di digital media della University of Warwick: “le sue idee (di Stephen, nda), il suo spirito e la sua forza hanno trasformato un’esperienza orrenda in un importante e storico atto di generosità verso il futuro. Siamo tutti terrorizzati dal cancro, per noi e la nostra famiglia. Solo le persone molto speciali riescono a fare qualcosa oltre il cancro”.

Via: Wired.it

Credits immagine: Stephen’s story/Facebook

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