La strana storia della vita

Stephen Jay Gould
Gli alberi non crescono fino in cielo – Varietà ed eccellenza nella storia della vita
Mondadori, Milano, 1997, pagg. 298, lire 30.000

Ripensare la storia della vita nei termini di una “variazione che si espande o si contrae” e non come un’entità che si muove in una direzione precisa: ecco la sfida lanciata da Stephen Jay Gould, il grande paleobiologo noto tra gli specialisti per le sue posizioni anticonformiste nel dibattito sul darwinismo, e al grande pubblico come geniale narratore di storie naturali, in questo suo ultimo libro uscito adesso anche in Italia. L’ultima fatica di Gould si ricollega idealmente a una delle sue opere precedenti, “La vita meravigliosa”. In quel libro l’autore, attraverso lo studio dei fossili di invertebrati rinvenuti in Canada agli inizi del secolo, invitava il lettore a considerare la straordinaria varietà della natura, e la sua contingenza. Questa varietà sarebbe infatti diversa a ogni eventuale ripetizione della storia della vita. In questa ultima opera invece, il paleobiologo americano spiega come questa varietà si modifica nel tempo, come evolve. Con il suo stile vivace e accattivante, capace di mantenere alta la curiosità del lettore anche quando si sofferma sulle definizioni statistiche, Gould abbatte uno dopo l’altro i pregiudizi legati alla visione convenzionale dell’evoluzione, vista come una progressione verso forme sempre più “complesse”. In realtà, sostiene Gould, il vero significato del pensiero darwiniano è un altro: considerare la realtà naturale come un mosaico di individui che variano. Da profondo conoscitore di Darwin, Gould insiste sulle proposizioni fondamentali della teoria della selezione naturale. Sottolineando come l’assenza di progresso nella storia della vita sia una conseguenza sillogistica di queste stesse proposizioni. Gould, insomma, non si pone al di fuori del darwinismo, ma ne confuta le mistificazioni, la superficialità con cui spesso è stato affrontato. Di qui, l’esortazione a comprendere appieno le modificazioni dei sistemi competitivi attraverso il tempo, la loro “evoluzione”, considerando la loro variabilità totale (il full house del titolo), senza astrarre pericolosi valori medi per individuare tendenze dove non ci sono. Le tendenze, infatti, non spiegano nulla: né il motivo della scomparsa di battitori eccellenti nel baseball, né il perché Gould stesso sia sopravvissuto a una grave malattia, né tantomeno la storia naturale. Emblema del peggiore dei fraintendimenti in quest’ultimo ambito è, spiega Gould, la storia evolutiva del cavallo, il cui unico rappresentante moderno, tradizionalmente visto come il culmine di un trionfale cammino verso un miglioramento anatomico, un paradigma, quindi, di “successo evolutivo”, è in realtà solo un ramoscello di un cespuglio rigoglioso sfrondato a più riprese da varie estinzioni. La storia della vita deve essere vista nella sua multiforme interezza, senza cedere a tentazioni campanilistiche che vogliono porre i vertebrati, e in particolare l’Homo sapiens, sul piedistallo della natura. I veri dominatori, scrive Gould, sono da sempre i batteri. A questi organismi Gould dedica un’avvincente parte del libro, passando in rassegna l’ampio spettro dei loro habitat (dai ghiacciai alle profondità della terra), la loro incredibile varietà di strutture, riportando dati che attribuiscono a questa forma di vita anche il maggior contributo alla biomassa terrestre. La vita, dunque, partendo da strutture batteriche dotate della massima semplicità, ha compiuto numerose incursioni in ambiti di maggiore complessità. Ma queste incursioni, pur avendo dato origine a quella straordinaria varietà biologica che conosciamo, non hanno mai generato tendenze assolute verso un aumento di questa complessità. La variazione, per Gould, è l’unica realtà, è “ciò di cui è fatto il mondo”. Si espande e si contrae senza procedere verso punti massimi prestabiliti. Soltanto comprendendo questo avremo raccolto la sfida dell’autore, e reso onore alla rivoluzione darwiniana.

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