La via italiana alla grande scienza

Gianni Battimelli, Michelangelo De Maria, Giovanni Paoloni
L’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Storia di una comunità di ricerca
Laterza, 2002pp. 308, euro 20,50

La parola ‘nucleare’ spesso richiama alla mente ricerche relative ad armi o energia, ma la ‘fisica nucleare’ é soprattutto la ricerca delle particelle che ci sono, o potrebbero esserci, nei nuclei degli atomi. Come gli autori chiariscono fin dall’inizio in questo saggio sulla sua storia dal 1951 al 1975, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare si é sempre occupato proprio di particelle. Quelle contenute nella radiazione naturale proveniente dallo Spazio e quelle ottenute artificialmente negli acceleratori: le macchine che, attraverso la loro collisione permettono l’esame dei loro sottoprodotti. La ricerca in questo settore comporta tuttavia costi ingenti per la sperimentazione. É per questo che la storia dell’Infn é anche una storia di big science, ovvero di scienza di livello industriale che pone problemi di bilancio, gestione del personale e delle macchine. E se di big science ce n’é una sola, questo libro dimostra che i modi di realizzarla in ambiti culturali e nazionali differenti sono molto diversi tra di loro.La costituzione dell’Infn nel 1951 trasferisce dentro una dimensione istituzionale l’eredità della fisica italiana degli anni Trenta e Quaranta, delle ricerche sui raggi cosmici e sui neutroni, delle scuole di Bruno Rossi e Enrico Fermi. Un’eredità di cui Edoardo Amaldi, figura chiave nella fondazione dell’Infn, si fa carico nel dopoguerra alla luce del ‘disastro della fisica italiana’ ovvero la fuga dei fisici italiani all’estero e il ‘gap’ con altri Paesi come gli Stati Uniti che sono avanti nella ricerca. Queste esigenze insieme alle oggettive carenze di un Paese in via di ricostruzione modellano la struttura dell’Infn. Favoriscono la sua creazione come rete di relazioni orizzontali fra sezioni sul territorio nazionale. Rafforzano quelle internazionali e spostano i progetti più ambiziosi nel contesto europeo (dove nel frattempo nasce il Centro Europeo per le Ricerche Nucleari di Ginevra). Si concentrano nella ‘fisica povera’ dei rivelatori veloci e delle emulsioni nucleari per sopperire con l’elettronica e la fotografia all’iniziale mancanza di acceleratori. Infine, si manifestano nella consapevolezza che se la fisica nucleare non coincide necessariamente con le applicazioni del nucleare, tuttavia le aspettative verso queste ultime catalizzano finanziamenti. Da qui nasce la scelta di legare l’attività dell’Infn prima al Comitato Nazionale per le Ricerche Nucleari (Cnrn) e poi dagli anni Sessanta al neonato Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare (Cnen).Da questo momento l’Istituto diventa la struttura alla base dello sviluppo degli acceleratori a fasci incrociati presso il Laboratorio Nazionale di Frascati. Una innovazione sviluppata con le macchine AdA (Anello di Accumulazione) e Adone che porta i fisici italiani a un passo dal Nobel grazie alla rilevazione del mesone J/y, una scoperta che apre un nuovo capitolo nello studio delle particelle elementari.Ma i risultati scientifici si intrecciano con le vicende istituzionali. Il procedimento penale contro il segretario del Cnen Felice Ippolito nel ‘62, i movimenti studenteschi e dei tecnici del ‘68-’69, la definizione della figura giuridica dell’Infn stesso negli anni Settanta sono vicende che influiscono anche sulla pratica di laboratorio, ridefinendo il finanziamento della ricerca, le relazioni tra ricercatori e personale dei laboratori e quelle tra scienziati e ‘stanze del potere’. Questi episodi chiariscono che la via italiana alla big science fu un percorso tortuoso che alternò gestioni personalistiche a tentativi di democratizzazione, tensioni con il mondo politico a discussioni sulle esigenze della ricerca con i partiti al potere. Per quello che riguarda la ricerca, questa via fu soprattutto un tentativo di coniugare risorse limitate a ricerche di spessore internazionale, per tentare di essere al passo con i Paesi leader in questo settore conservando però le tradizioni locali della ricerca. Questo saggio con precisione ricostruisce la rotta di questo percorso, esaltandone i punti di forza senza tuttavia tacerne le debolezze.

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