La via naturale al riciclo

    Un sacchetto di plastica gettato in mare rimane inalterato per anni e anni. Un foglio di carta invece si decompone in poco più di 40 giorni. Ora arriva un materiale nuovo, che assomiglia di più alla plastica ma si disintegra molto prima della carta, in solo 20 giorni. Si chiama Mater-Bi e si ricava da prodotti agricoli come gli amidi dei cereali o l’olio di semi. Per ora si usa soprattutto per gli imballaggi, ma si sta studiando come impiegarlo in altri modi. A ringraziare i suoi realizzatori saranno soprattutto le vittime della plastica galleggiante: pesci e cetacei spesso soffocati dai sacchetti-killer scambiati per le meduse di cui si cibano. Perché, oltre che trasformarsi in concime, il Mater-Bi può essere digerito ed è anche nutriente. Non a caso di parla di “via naturale del riciclo”.

    Il nuovo materiale nasce da un’industria chimica, la Novamont di Novara. Gli allarmismi e le statistiche negative sui dati ambientali hanno spinto ricercatori, progettisti e industrie a imboccare la via alternativa di uno sviluppo responsabile con l’ausilio e lo studio delle nuove tecnologie e dei nuovi materiali. In nome di un’espressione altrettanto nuova ma sempre più sentita: sostenibilità. L’aumento della richiesta di prodotti “verdi” ha stimolato l’innovazione delle tecnologie e dei materiali, che fino a qualche anno fa trovavano molta resistenza proprio nell’essere accettati dal pubblico. Senza contare che spesso costavano di più. Il materiale ricavato da scarti di produzioni precedenti acquista oggi un valore nuovo e gli stessi strumenti tecnologici diventano una “materia prima”.

    Naturale e artificiale oggi non si contrappongono più. Anzi, tendono a completarsi in una logica che bada al contenimento dei consumi e al risparmio delle risorse. Proprio per prevenire l’esaurimento di alcune materiali della natura i più recenti progetti di sostenibilità mischiano e integrano sempre più, legno, minerali, pietre con materie sintetiche. E quando si cambiano i materiali di un manufatto, muta anche il modo di concepirlo, progettarlo, produrlo e utilizzarlo.

    Solo di recente alla formula “usa e getta” si sta sostituendo quella più rispettosa di “usa e riusa”. Si tratta di sfruttare al massimo la natura della materia e le sue multiformi possibilità. Una delle strade per limitare l’uso delle risorse è l’utilizzo di materiali ricavati dagli scarti dell’allevamento e dell’agricoltura. Per esempio, a parte i vari tipi di carta riciclata ormai sempre più pregiata e diffusa, è la produzione di imballaggi a utilizzare amidi e composti di sostanze grezze naturali. Tra questi il Biopac, utilizzato per confezionare farmaci e dolciumi, o appunto il Mater-Bi che oggi viene impiegato per gli imballaggi in oltre cinquanta stati in tutto il mondo.

    Insomma, la materia va vista in modo meno consumistico, alla luce di una nuova filosofia tanto rispettosa dei materiali, quanto dell’ambiente e della cultura. Come nei paesi in via di sviluppo dove risorse naturali e tradizionali come la sabbia, le foglie, la terra e le fibre possono essere sfruttate anche al di là del loro uso comune. Potrebbe essere la risposta dei paesi poveri alle colonizzazioni occidentali.

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