La scelta di interrompere una gravidanza, e non portare alla luce un figlio indesiderato, non aumenta il rischio di depressione. Secondo quanto sostengono sul British Medical Journal due ricercatori statunitensi dell’Università del Colorado e dell’Arizona State University, le probabilità che dopo un aborto si cada in uno stato depressivo sono invece legate al grado di educazione, al reddito e alla dimensione del nucleo famigliare. Lo studio ha coinvolto 1.247 donne che si erano sottoposte a interruzione volontaria della gravidanza e che avevano partorito un figlio non voluto dal 1970 al 1992. I due gruppi sono stati sono stati tenuti sotto controllo per diversi anni. I risultati dell’indagine indicano che il rischio di cadere in depressione per il primo gruppo non è superiore al secondo. Anzi, per le donne che avevano partorito prima del 1980 la probabilità era maggiore. In generale, il campione di donne che aveva abortito, aveva un livello di istruzione media più alto, un reddito economico superiore e una famiglia meno numerosa. Secondo gli autori della ricerca i risultati, pur soffrendo di alcune limitazioni, suggeriscono che la strade per ridurre il rischio di depressione femminile passa per una più efficace campagna di prevenzione delle gravidanze indesiderate, con politiche sociali rivolte soprattutto alle donne più giovani. (m.cap.)
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