L’acqua svela l’età dei reperti

Nell’acqua è nascosto il segreto dell’età dei reperti archeologici, per lo meno di quelli in ceramica e argilla. Nel corso del tempo infatti questi materiali assorbono acqua dall’atmosfera aumentando di peso; tanto più pesante è un oggetto tanto più è antico. Lo rivela uno studio di alcuni scienziati delle università di Manchester ed Edimburgo, pubblicato su Proceedings of the Royal Society A.

La tecnica usata dai ricercatori britannici, chiamata “datazione per re-idrossilazione” (rehydroxylation dating), consiste nel riscaldare un reperto in ceramica in un forno a 500 gradi centigradi, rimuovendo l’acqua catturata nel corso del tempo, per riportalo al suo peso originario. Una volta fuori dal forno il reperto viene pesato con una bilancia ad alta precisione (microbalance) a intervalli regolari per determinare la velocità dell’aumento di peso, e quindi quella del riassorbimento di acqua dall’atmosfera. In questo modo è possibile stabilire quanto tempo occorrerebbe all’oggetto in esame per tornare al peso che aveva quando è stato trovato e, quindi, calcolare quando è stato fabbricato. Il calcolo però non è affatto semplice ed è possibile solo perché gli stessi ricercatori, nel 2003, hanno scoperto come cambia l’assorbimento dell’acqua nel tempo. Per ottenere questa relazione bisogna ricavare la costante cinetica di reidrossilazione del reperto, che dipende dalla temperatura media a cui è stato esposto nel tempo.

“La temperatura media si determina attraverso lo studio dei dati meteorologici storici ed è l’unica vera variabile di cui abbiamo bisogno”, spiega a Galileo Moira Wilson, , della School of Mechanical, Aerospace e Civil Engineering. La ricercatrice ha chiarito anche che la quantità d’acqua con cui è stato a contatto il reperto nel corso del tempo non è importante: “Il tasso di reidrossilazione è controllato completamente da processi interni è non aumenta quanto l’acqua è eccessivamente disponibile nell’ambiente”.

Con la collaborazione del Museum of London gli scienziati hanno sperimentato questa tecnica con successo su artefatti risalenti al periodo Romano, Medievale e Moderno (ma non più antichi di 2000 anni), e ritengono che potrebbe essere molto utile per datare anche oggetti vecchi di oltre diecimila anni.

“Abbiamo datato i reperti con un margine di errore molto contenuto. Ripetendo le analisi su un campione di argilla per cinque volte abbiamo ottenuto una età stimata di 318±22 anni, quindi una data di origine risalente al 1691±22 d.C. Secondo il Museum of London, il campione proveniva dal palazzo di Re Carlo II a Greenwich, costruito nel 1664-1669 e ampliato successivamente intorno al 1690. I nostri risultati indicano che il reperto  risale a questa seconda costruzione. L’incertezza nella datazione, quel ±22 anni, è determinata solo dalla ripetibilità dell’esame”, spiegano i ricercatori.

“Trattandosi di una relazione, conoscendo la data di origine del reperto, il nuovo metodo può essere anche usato per stabilire alcune caratteristiche ambientali, come la temperatura media”, conclude Moira Wilson. I ricercatori stanno ora cercando di capire se la nuova tecnica può essere impiegata anche con oggetti in terracotta, con le ossa e le porcellane cinesi.

Riferimenti: Proceeding of the Royal Society  A doi:10.1098/rspa.2009.0117

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here