L’archivio della memoria

Dar voce anche a coloro che solitamente vivono e muoiono all’ombra delle grandi figure della storia. E’ questo lo scopo della Fondazione Archivio Diaristico di Pieve Santo Stefano (http://www.archiviodiari.net), inaugurata nel 1984 per volontà di Saverio Tutino, giornalista già noto per aver partecipato alla nascita del quotidiano “la Repubblica”. In quindici anni la fondazione ha raccolto circa 3500 scritti autobiografici tra epistolari, diari e memorie. Nessun nome eccellente tra gli autori, ma solo illustri sconosciuti – per lo più pensionati e casalinghe – che hanno deciso di affidare alla pagina scritta i ricordi di una vita. Attraverso i quali si può ricostruire la storia del nostro paese partendo dagli inizi del ‘900.

“Cominciammo per curiosità, pensando di aver fatto uno scoop ma non avrei mai immaginato di riscuotere tanta partecipazione” – così commenta Tutino, direttore culturale della Fondazione e del Premio Pieve ad essa collegato, l’inaspettato successo della sua creatura. Che, di fatto, ha avuto un buon seguito, non solo in Italia: oggi in Europa si contano altre tre fondazioni analoghe – quella francese di Ambérieu a Lione, quella spagnola di La Roca del Vallés in Catalogna e quella tedesca di Emmendingen a Friburgo – mentre ne stanno nascendo anche di nuove, sempre sull’esempio italiano, come quella finlandese o quella di Orléans che raccoglie solo diari di giovani.

Tra le varie fondazioni si è creato un clima di intenso scambio culturale, ma Tutino tiene a sottolineare che quella italiana è la più consolidata: “Già nel primo anno avevamo raccolto più di 150 scritti, mentre le altre fondazioni europee non superavano la centinaia. Oggi siamo a quota 3.500”. Qual è il segreto di tanto successo? “Probabilmente il fatto che gli italiani sono un popolo di scriventi, a cui piace raccontarsi – commenta Tutino – ma anche il fatto che la nostra iniziativa non ha secondi fini censori o statistici. Lasciamo alla gente il gusto e la voglia di raccontarsi liberamente”. Come effigie di questa libertà artistica, la Fondazione espone il Lenzuolo di Clelia Marchi, una donna che ha tracciato il suo memoriale direttamente su un lenzuolo.

Tuttavia un po’ di numeri potrebbero aiutarci a comprendere meglio l’importanza di questa iniziativa. L’archivio conta esattamente 3420 testi, circa la metà redatti da donne. Non c’è una predominanza di un sesso rispetto all’altro, ma – segnalano i curatori dell’archivio – in linea generale gli uomini prediligono i diari di guerra e le storie di emigrazione, mentre le donne si concentrano di più sulla vita familiare. Quanto a stili narrativi la forma più abusata è quella delle memorie, seguita dai diari, dalle autobiografie e dagli epistolari.

Lo scrittore Italo Calvino aveva previsto che con il nuovo millennio le memorie e le forme di scrittura autobiografica avrebbero preso il sopravvento sui romanzi e Saverio Tutino conferma: “Quasi un terzo delle attuali pubblicazioni di narrativa sono diari o autobiografie. La diaristica sta diventando una vera e propria tendenza”.

L’identità degli autori è il dato più interessante. La maggior parte degli scritti vengono dalla Toscana (19%), dal Lazio (17%), dalla Lombardia e dall’Emilia Romagna (15%), ma ci sono ottimi riscontri anche in Sicilia, Campania e Puglia. Restano minimi invece i contributi della Valle d’Aosta e del Molise che, peraltro, sono anche le regioni in cui si venderebbero meno libri. Stranamente, la gran parte degli scriventi non appartiene alla categoria degli addetti ai lavori: scrittori, bibliotecari o giornalisti sono una minoranza, mentre abbondano i pensionati, le casalinghe, gli operai e i dipendenti statali.
Le storie raccontate si concentrano quasi tutte su eventi appartenenti alla vita familiare, alla giovinezza o all’amore, ma si intersecano, sul piano storico, con le vicende della prima e seconda guerra mondiale, del periodo delle grandi emigrazioni e con le situazioni di emarginazione sociale.

Ogni anni, tra gli scritti pervenuti alla Fondazione, viene selezionata una rosa di dieci candidati, tra i quali verrà estratto il finalista vincitore del Premio Pieve – Banca Toscana, ormai alla sua quindicesima edizione. Avvalendosi della collaborazione di molte case editrici, tra cui Giunti, Baldini & Castoldi, Mondadori, Einaudi e, attualmente, Mursia, la Fondazione ha potuto consegnare alle stampe i memoriali dei finalisti di ogni edizione del premio. Il 12 settembre di quest’anno il concorso è stato vinto da Maddalena Manca, una donna di Sassari che dopo una lunga storia di violenze familiari ha avuto il coraggio di rompere con il passato emigrando a Wuppertal, in Germania.

Ma la grande novità di quest’anno è la presenza, nella rosa dei finalisti, di storie di vita raccontate dai giovani. “Qualcuno – ricorda Tutino – aveva ironizzato sul fatto che presentavamo solo storie da cassapanca, ossia le memorie dei nonni, ma quest’anno tra i finalisti c’erano anche due diari scritti da ragazzi, e in tutto l’archivio ne contiamo 713”. Anche le nuove generazioni hanno dunque voglia di raccontarsi. E proprio sull’onda di questa partecipazione, lo scorso anno Saverio Tutino ha inaugurato ad Anghiari, insieme a Duccio Demetrio, docente di “Educazione degli adulti” all’Università di Milano, la Libera Università dell’Autobiografia che si propone di studiare e incentivare ulteriormente il fenomeno dell’autobiografismo.

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