Le alternative possibili

La direttiva europea sulla protezione degli animali utilizzati nella sperimentazione e per altri fini scientifici emanata nel 1986 ha dato impulso a una serie di iniziative per lo sviluppo di nuovi metodi in accordo a quanto richiesto dall’art. 23, che recita “La Commissione e gli Stati Membri devono incoraggiare le ricerca per lo sviluppo e la validazione di tecniche alternative che possano fornire lo stesso livello di informazione di quello ottenuto in esperimenti che facciano uso degli animali, ma che coinvolgano meno animali o che contemplino procedure meno dolorose, e devono attivare ogni altro passo che considerino appropriato ad incoraggiare la ricerca in questo settore. La Commissione e gli Stati membri devono monitorare le tendenze nei metodi sperimentali”.

La direttiva ha dunque funzionato come un brodo di coltura che favorisce la crescita dei batteri: da quel momento in poi, prima lentamente, poi sempre più frequentemente, sono state prese una serie di iniziative, che hanno avuto risvolti sia sul piano scientifico che normativo, perché hanno  favorito la ricerca per lo sviluppo di metodologie alternative e le modifiche di metodi già esistenti o l’introduzione di nuovi criteri nelle linee guida internazionali. Tra queste iniziative, va segnalata l’istituzione da parte della stessa Commissione Europea dell’Ecvam (European Centre for the Validation of Alternative Methods), che coordina e finanzia a livello europeo studi di (pre)validazione di saggi in vitro e porta avanti ricerche in diverse aree della tossicologia e nel settore dei prodotti biologici, promuovendo sia la salute umana sia il benessere animale, attraverso lo sviluppo di metodi avanzati sempre più affidabili. Il suo Comitato Scientifico (Esac) si è espresso positivamente sulla validità scientifica di un certo numero di metodi in vitro per evidenziare effetti tossici di natura diversa, per la produzione di anticorpi monoclonali e per controllare l’attività di vaccini per uso umano e veterinario. ECVAM si è recentemente ristrutturato per far fronte alle nuove emergenze legislative –per esempio, Reach e la nuova normativa su cosmetici (1) – definendo meglio gli obiettivi delle unità che lo compongono e istituendone di nuove.

In diversi paesi, inoltre, sono state fondate associazioni scientifiche con lo scopo di creare tra i ricercatori del settore una rete che favorisse le collaborazioni e ottimizzasse gli sforzi. In Italia, nel 1991 è stata istituita la Società Italiana di Tossicologia in Vitro, Celltox, che promuove l’uso dei sistemi in vitro nella ricerca farmaco-tossicologica, facilita gli scambi di informazione e le collaborazioni tra gruppi di ricerca; inoltre, promuove l’informazione e la divulgazione degli aspetti etici concernenti la riduzione dell’uso degli animali da laboratorio e organizza congressi, corsi e seminari destinati, in particolare, alla formazione di giovani ricercatori.

Più recentemente, sono state istituite Piattaforme Nazionali (PN) per i metodi alternativi. Queste, per essere considerate tali, richiedono la presenza di quattro figure appartenenti a istituzioni governative, università e/o centri di ricerca, industria e organizzazioni animaliste, consentendo così di prendere decisioni basate su un consenso ampio tra parti con interessi molto diversi. In Italia nel 2003 è stata fondata Ipam (Italian Platform of Alternative Methods) che, come le altre piattaforme, ha lo scopo di promuovere lo sviluppo, la validazione e l’uso di metodi alternativi alla sperimentazione animale, facendo formazione, informazione e azione “politica” sul governo perché i nuovi metodi opportunamente validati entrino nella legislazione. Le Pn interagiscono tra di loro e costituiscono una rete coordinata dalla piattaforma europea (Ecopa, European Consensus Platform on Alternatives).

Nella fase successiva alla emanazione della direttiva 609 – recepita in Italia solo nel 1992 con il decreto legislativo 116, tuttora in vigore – sono stati rivalutati, anche alla luce della nuova esigenza di scoraggiare l’uso degli animali nella sperimentazione, i metodi indicati nelle linee guida dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Svilupppo Economico, Ocse, (in particolare quelle inerenti il monitoraggio delle sostanze chimiche, «Section 4 – Health Effects»), periodicamente aggiornati per adeguarli alle nuove conoscenze scientifiche. Tuttavia, questo processo, molto importante  per le sue implicazioni sul versante regolatorio, è estremamente lento, perché per ogni decisione è necessaria l’unanimità di 30 paesi, al contrario di quanto succede con il sistema maggioritario adottato per le direttive europee [1]. Più in generale, è stata suggerita una seria verifica di tutti i metodi condotti sugli animali a scopo regolatorio, perché troppo datati e forse anche inutili [2].

Un ulteriore impulso allo sviluppo di nuovi metodi è arrivato dall’emanazione della direttiva 2003/15/CE, nota come VII modifica alla direttiva 76/768/Cee sui cosmetici, che ha proibito il saggio dei prodotti cosmetici finiti sugli animali e anche quello degli ingredienti contenuti nei cosmetici entro sei anni dalla sua entrata in vigore. La direttiva del 2003 proibisce, inoltre, la commercializzazione di nuovi cosmetici (prodotti finiti e ingredienti) testati sugli animali nel caso in cui siano disponibili metodi alternativi validati e accettati nella legislazione internazionale, divieto che sarà comunque definitivo dal 2009. Soltanto nel caso della tossicità a dosi ripetute, la tossicità riproduttiva e la tossicocinetica, saggi per cui è ancora necessaria molta ricerca di base, la VII modifica proroga il divieto al 2013. Già la direttiva 93/35/Cee proibiva a partire dal 1° gennaio 1998 la commercializzazione di cosmetici contenenti ingredienti testati sugli animali, ma la data è stata progressivamente spostata al 30 giugno 2000 (direttiva 97/18/Ce) e al 30 giugno 2002 (direttiva 2000/11/Ce) per la mancanza di metodi alternativi, per le difficoltà poste dalle industrie cosmetiche, dagli allevatori di animali da laboratorio e da altri utilizzatori, e per le preoccupazioni relative a possibili rischi per l’essere umano avanzate dalle organizzazioni dei consumatori .

Infine, un forte impulso dovrebbe venire dalla nuova legislazione europea sulle sostanze chimiche.
La Commissione ha in discussione un nuovo sistema di registrazione, valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche (Reach) che verrà applicato, oltre alle nuove sostanze, anche alle circa 30.000 messe in commercio prima del 1981 per un volume superiore a una tonnellata/anno per le quali mancano alcune informazioni utili a evidenziare possibili effetti nocivi per la salute degli esseri umani e dell’ambiente. Tutto questo sarà molto impegnativo in termini di animali, di tempo e di costi, e tra le varie proposte c’è quella di saggiare queste sostanze esclusivamente con metodi in vitro.

I metodi disponibili

Ricordando che, secondo la definizione delle 3R, sono considerate alternative tutte quelle tecniche  che non usano animali o che ne riducono il numero o ne limitano la sofferenza, alcuni metodi utili a evidenziare gli effetti delle sostanze chimiche sulla salute umana e sull’ambiente o per saggiare l’attività di prodotti biologici sono già indicate nelle linee guida internazionali.
Per quanto riguarda gli effetti sulla salute, i metodi disponibili riguardano gli ambiti che indichiamo qui di seguito.

Corrosione. Per identificare possibili effetti di corrosione cutanea sono oggi disponibili quattro saggi alternativi che consentono la riduzione (misura della resistenza elettrica transepiteliale, Ter) o la sostituzione (modelli di pelle umana ricostituita, EpiskinTM, EpiDerm e Corrositex) degli animali. Questi protocolli sono presenti nell’allegato V della direttiva 67/548/EEC (metodi B40 e B40bis) e nelle linee guida OECD 430 e 431.

Fototossicità. La fototossicità e la fotoirritazione, reazione acute che possono essere causate da una singola esposizione a una sostanza contemporaneamente all’esposizione alle radiazioni visibili o ultraviolette, possono manifestarsi anche in seguito al trattamento con sostanze di uso corrente come i cosmetici. Per evidenziare questo tipo di effetto non esiste un metodo ufficiale in vivo, ma un metodo in vitro (3T3 NRU PI), che utilizza la linea cellulare Balb/c 3T3, clone 31, presente nell’allegato V  (metodo B41) e nelle linee guida OECD (Tg 432).

Assorbimento. Per assorbimento cutaneo si intende il processo mediante il quale una sostanza è trasportata dallo strato corneo attraverso l’epidermide e il derma, fino a raggiungere il sistema circolatorio e quindi i diversi tessuti dell’organismo. Questa informazione è generalmente richiesta per accertare il possibile rischio legato a sostanze che possono venire a contatto con la pelle sia volontariamente (cosmetici o farmaci) che accidentalmente (pesticidi, ecc.). Il saggio in vitro attualmente disponibile si basa fondamentalmente sulla misura della diffusione del composto in esame dalla superficie del campione di pelle, artificiale (metodo sostitutivo) o prelevata da animali (metodo di riduzione), in un recipiente di raccolta, dove poi verrà opportunamente misurato. Il metodo è presente nell’allegato V  (metodo B45) e nella linea guida Oecd Tg 428.

Embriotossicità. Anche in questo settore sono stati sviluppati e validati dei metodi che consentono di individuare possibili effetti nocivi sull’embrione. Questi, un saggio di sostituzione (Embryonic Stem Cell test, Est), che si basa sull’uso di cellule staminali e due di riduzione (Micromass e Whole Embryo), non sono ancora entrati nell’allegato V della direttiva europea e nelle linee guida Ocse.

Tossicità acuta orale. I saggi di tossicità acuta sono richiesti per evidenziare possibili effetti indesiderati provocati da una singola dose di sostanza/prodotto e utilizzano i roditori. Recentemente, per la tossicità acuta orale sono entrati nelle linee guida Ocse tre metodi (Acute Toxic Class: Tg 420, Fixed Dose Procedure: Tg 423 and Up-and-down method: Tg 425), che riducono il numero di animali fino all’80 per cento rispetto al protocollo tradizionale (Tg 401) recentemente eliminato.

Sensibilizzazione cutanea. I metodi finora richiesti per evidenziare i possibili effetti sensibilizzanti di una sostanza sono descritti nell’allegato V (B6) e nella linea guida Ocse 406 e utilizzano la cavia, ma recentemente è stato adottato dalla legislazione (B 42, Tg 429) un saggio di riduzione (Local Lymph Node Assay, Llna) che utilizza il topo, a cui bisogna ricorrere in prima battuta per monitorare questo tipo di effetto.
Per il settore dei prodotti biologici sono già presenti nella farmacopea europea dei metodi per la produzione di anticorpi monoclonali o per controllare l’attività di vaccini per uso umano o veterinario, come il vaccino per il tetano o il “mal rosso”.
Tutti i metodi sopra elencati sono stati sottoposti alla validazione, processo che verifica l’affidabilità e la pertinenza di un metodo per uno scopo specifico [3], collo di bottiglia attraverso cui devono passare quelli sviluppati a scopo regolatorio, mentre la maggior parte dei metodi in vivo ancora richiesti dalla legislazione per accertare la sicurezza d’uso dei prodotti non hanno subito la stessa verifica.

Il percorso, lungo (circa dieci anni) e complesso, inizia con la definizione del metodo, di cui poi viene accertata l’affidabilità (riproducibilità) e la pertinenza (capacità predittiva e applicabilità), per poi iniziare l’iter verso l’accettazione da parte delle autorità legislative. Ecvam, che coordina questa materia, per accelerare il processo ha recentemente proposto una procedura più snella  [4] e ha preso in considerazione l’idea di stabilire dei criteri che possano consentire di ottimizzare anche le informazioni già esistenti su saggi che, sia pure non ancora validati, vengono utilizzati già di routine in alcuni laboratori, per ottenere informazioni preliminari. Questo tipo di validazione (retrospettiva) si basa sull’evidenza data dall’analisi dei dati disponibili e non richiede lavoro sperimentale per ottenere nuove informazioni (in questo caso è detta prospettiva). Un terzo tipo di validazione (catch-up validation) consiste nel considerare come base di valutazione un metodo già validato, che si vuole modificare per uno o più aspetti.

Prospettive future

Per quanto riguarda le prove richieste dalla legislazione per accertare possibili effetti delle sostanze chimiche sulla salute umana, quelle più prossime a raggiungere il traguardo della validazione sono relative all’identificazione di effetti topici. Vediamo quali.

Irritazione cutanea. Attualmente il saggio di irritazione cutanea, che utilizza il coniglio albino, viene eseguito secondo il protocollo contenuto nell’allegato V (metodo B4) e nella linea guida Ocse 404, la cui ultima revisione del 2002 è accompagnata da un “documento guida” che suggerisce una strategia a tappe volta a scoraggiare l’uso del saggio in vivo sul coniglio. Infatti, permette di utilizzare gli animali solo per confermare le indicazioni negative ottenute esaminando in sequenza vari elementi (dati sull’essere umano, caratteristiche fisico-chimiche, relazioni struttura-attività, risultati ottenuti con saggi in vitro man mano disponibili).
Nel periodo 1999-2000 è stato condotto uno studio internazionale di prevalidazione di cinque modelli che non ha dato risultati soddisfacenti. Successivamente, nel 2003, una volta raggiunte le condizioni sperimentali ottimali, soltanto tre modelli, due di pelle umana ricostituita (EPISKIN e EpiDerm) e uno di riduzione sul topo (Skin Integrity Function Test, Sift) sono entrati in uno studio di validazione, finanziato da Ecvam, che aveva lo scopo di accertare la loro capacità di discriminare tra irritanti e non irritanti. Nelle due fasi dello studio, i tre laboratori partecipanti hanno saggiato 20 sostanze codificate (9 irritanti e 11 non irritanti) per verificare la riproducibilità e la capacità predittiva dei metodi selezionati e hanno valutato la risposta dei parametri esaminati per giudicare la sensibilità del metodo. I risultati di questo studio dovrebbero essere resi noti entro il 2006.

Irritazione oculare. Il protocollo del saggio richiesto dalla legislazione per osservare eventuali effetti irritanti per l’occhio è contenuto nell’allegato V della direttiva 67/548/Cee (metodo B5) e nella linea guida Ocse 405. Anche questo viene effettuato sul coniglio albino, ma è contestato per motivi etici – perché molto doloroso – e scientifici – perché soggetto a una interpretazione qualitativa dei risultati. Anche in questo caso, alla linea guida Ocse è allegato un documento che propone la stessa strategia adottata per l’irritazione della pelle, dimostratasi efficace nel contribuire alla riduzione del numero degli animali coinvolti e della loro sofferenza [5].
Esistono metodi in vitro a diverso livello di complessità comunemente utilizzati nei laboratori di tutto il mondo per l’identificazione di forti irritanti per gli occhi e alcuni di essi sono già autorizzati dalle autorità nazionali di alcuni paesi, anche se non ancora formalmente validati. Attualmente sono in corso di valutazione (validazione retrospettiva) modelli organotipici, modelli tridimensionali di tessuto ricostituito e saggi più semplici di citotossicità.

Sensibilizzazione. Per quanto riguarda l’uso di metodi in vitro in questo settore, attualmente l’attenzione si è focalizzata sulle colture di cellule dendritiche di origine umana, che possono essere mantenute a breve termine [6]. Anche se è stato riconosciuto che queste cellule non sono in grado di dare una risposta definitiva, esse possono essere comunque utili se incluse in un approccio integrato. Recentemente è stato finanziato dalla Commissione Europea un progetto del genere, Sens-it-iv, che ha lo scopo di sviluppare una strategia di saggi in vitro capaci di identificare sensibilizzanti cutanei e respiratori.
A parte quelli sopra elencati, ci sono altri effetti che devono essere considerati nella valutazione della sicurezza delle sostanze, in particolare la tossicità acuta, la cancerogenesi, la genotossicità e la tossicità riproduttiva. Vediamoli qui di seguito.

Tossicità acuta. Nel 2003 è stato organizzato da Ecvam un workshop sulla strategia da seguire per sostituire i saggi in vivo di tossicità acuta [7] e tutti hanno concordato sulla necessità di sviluppare una strategia integrata basata sull’uso di dati chimico-fisici, metodi in silico, saggi di citotossicità basale e saggi collaterali per la valutazione del metabolismo, del trasporto e della tossicità organo-specifica. Recentemente, a gennaio 2005, la Commissione Europea ha approvato e finanziato il progetto integrato A-Cute-Tox per lo sviluppo di una batteria di saggi in vitro in grado di predire la tossicità acuta per l’essere umano e utilizzabili a scopo regolatorio.

Assorbimento intestinale. La quantità di sostanza assorbita a livello intestinale è uno dei principali fattori da considerare nella valutazione della tossicità acuta di una sostanza assunta per via orale. Attualmente la linea cellulare Caco-2 è largamente usata come modello in vitro di barriera intestinale, perché è l’unica in grado di differenziare spontaneamente in coltura a lungo termine e di assumere caratteristiche biochimiche e morfologiche dell’intestino tenue [8]. Uno studio internazionale finanziato da Ecvam nel 2000 ha dimostrato che l’adozione di protocolli definiti riduce la variabilità dei risultati ottenuti con questo modello [9], attualmente in fase di prevalidazione per quanto riguarda la variabilità intra/inter-laboratorio e la capacità predittiva.

Barriera emato-encefalica. In seguito a un workshop che ha fatto il punto sulla disponibilità di modelli in vitro per valutare l’assorbimento attraverso la barriera emato-encefalica [10], Ecvam ha istituito una task force per approfondire la questione e, alla fine del 2005, ha finanziato uno studio che valuterà i risultati ottenuti con cinque modelli in vitro dalle caratteristiche diverse.

Cancerogenesi e genotossicità. In questo settore la novità è rappresentata dal saggio di trasformazione cellulare (Cell transformation assay), in corso di prevalidazione. Il saggio utilizza una linea cellulare (Balb/c 3T3) e sembra in grado di riconoscere i cancerogeni genotossici e non genotossici. Nel settore della genotossicità, il saggio del micronucleo in vitro è raccomandato come uno di quelli da eseguire in batteria per identificare agenti che provocano alterazioni strutturali e numeriche dei cromosomi. Sono in corso diverse attività che lo riguardano: una proposta di linea guida Ocse (Tg 487) sottoposta all’approvazione degli esperti, uno studio di validazione tra diversi laboratori internazionali e uno studio multicentrico coordinato dall’Istituto Pasteur di Lilla e, infine, per il gran numero di dati già a disposizione si sta procedendo anche a una validazione retrospettiva.

Tossicità riproduttiva. Due linee guida OCSE, Tg 421 (reproduction/developmental toxicity screening test) e Tg 422 (combined repeated dose toxicity study with the reproduction/developmental toxicity screening test) sono attualmente utilizzate per evidenziare gli effetti sulla riproduzione. L’affidabilità dei metodi alternativi in questo settore è stata più volte messa in discussione negli ultimi 25 anni per la difficoltà di applicarli a un processo tanto complesso è [11]. Attualmente le speranze sono affidate a un progetto integrato (ReProTect), finanziato nell’ambito del VI programma quadro della Commissione Europea iniziato a luglio 2004. Sono stati identificati una serie di saggi relativi alle diverse fasi dell’intero ciclo riproduttivo e ne verrà valutata la possibile utilizzazione in batteria all’interno di una strategia che dovrà essere validata.

Per quanto riguarda gli effetti sull’ambiente, al momento i test di tossicità acuta vengono fatti su pesci, dafnie e alghe e sono riportati nell’allegato V (rispettivamente C1, C2 e C3) e nelle linee guida Ocse 201, 202 e 203. ECVAM nell’ultimo comitato scientifico ha approvato la strategia a tappe descritta recentemente da alcuni autori [12], che prevede di utilizzare in un primo momento dafnie e alghe e solo successivamente i pesci, consentendo una riduzione di questa ultima specie fino al 70 per cento, e chiede che questa procedura venga allegata alla linea guida 203.

Per quanto riguarda il settore dei prodotti biologici, è terminato con successo uno studio di validazione di sei metodi in vitro per accertare la presenza di pirogeni in prodotti biologici che consentiranno di sostituire almeno in parte il saggio tradizionale sul coniglio, risparmiando la vita a circa 200.000 animali all’anno in Europa. Inoltre, è iniziata l’ottimizzazione di due modelli sierologici per saggiare l’attività dei vaccini per la pertosse.

Tirando le somme

E’ ormai disponibile un certo numero di metodi già validati e riconosciuti dalle legislazioni internazionali che potranno essere utilizzati per evidenziare possibili effetti indesiderati, contribuendo a ridurre il numero degli animali o, in qualche caso, a sostituirli. Molti altri sono in corso di validazione ed è, inoltre, molto intensa l’attività di ricerca per lo sviluppo di metodi alternativi utilizzabili singolarmente o in batteria.

La sensibilità della Commissione Europea per la politica delle 3R è dimostrata dall’impegno finanziario riversato nel VI programma quadro in progetti come A-Cute-Tox, ReProTect e Sens-it-iv, e dal partenariato siglato in occasione della conferenza “Europe goes alternative” con sei associazioni delle industrie europee farmaceutiche, chimiche, cosmetiche e biotecnogiche per la promozione di alternative ai test sugli animali. L’esecutivo dell’Unione ha, inoltre, sottolineato che la ricerca di metodi alternativi alla sperimentazione animale è un’ulteriore opportunità per la competitività delle industrie europee.. L’approccio modulare proposto da Ecvam dovrebbe facilitare e accelerare la validazione di nuovi metodi, mentre Ecopa e le singole piattaforme nazionali per i metodi alternativi avranno il compito di promuovere la loro implementazione, consentendo di utilizzarli per la legislazione Reach e per quella sui cosmetici.

In conclusione, si è imboccata una via senza ritorno per quanto riguarda l’adozione di metodi sempre più controllati, solidi e scientificamente affidabili, un percorso consono al terzo millennio e all’alta tecnologia che lo caratterizza.

Note
(1) Come, per esempio, il sistema REACH (Registration, Evaluation and Autyhorization of Chemical, che diventerà legge a tutti gli effetti nel 2007), che permette di conoscere i rischi legati alle sostanze chimiche prodotte e importate nell’Unione Europea e obbliga le aziende a fornire dati sui loro prodotti, e la VII modifica alla Direttiva 76/768/CEE sui cosmetici, che rende più trasparenti le informazioni in etichetta e riduce il ricorso alla sperimentazione animale.

Bibliografia
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[3] Balls M., Blaauboer B.J., Brusick D., Frazier J.F., Lamb D., Pemberton M., Reinhardt C., Roberfroid M., Rosenkranz H., Schmid B., Spielmann H., Stammati A., Walum E. , “Report and reccomandations of the CAAT/ERGATT workshop on the validation of toxicity test procedures”, ATLA, 18, pp.313-337, 1990.

[4] Hartung T., Bremer S., Casati S., Coecke S., Corvi R., Fortaner S., Gribaldo L., Halder M., Hoffmann S., Janush Roi A., Prieto P., Sabbioni E., Scott L., Worth A. and Zuang V. . A modular approach to the ECVAM principles on test validity ATLA 32, pp. 467-472, 2004.
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[7] Gennari A., van de Berghe C., Casati S., Castell J., Clemedson  C., Coecke S., Colombo A., Curren R., Dal Negro G., Goldberg A.,Gosmore C., Hartung T., Langezaal I., Lessigiarska I., Maas W., Mangelsdorf I., Parchment R., Prieto P., Riego Sintes J., Ryan M., Schmuck G., Stitzel K., Stokes W., Vericat J.-A. and Gribaldo L., “Strategies to replace in vivo acute systemic toxicity testing”, ATLA, 32, pp. 437-459, 2004.

[8] Sambuy Y., De Angelis I., Ranaldi G., Scarino M.L., Stammati A. and Zucco F., “The Caco-2 cell line as a model of the intestinal barrier: influence of cell and culture-related factors on Caco-2 cell functional characteristics”, Cell Biology and Toxicology 21, pp.1-26, 2005.

[9] Zucco F., Batto A.-F., Bises G., Chambaz J., Chiusolo A., Consalvo R., Cross H., Dal Negro G., De Angelis I., Fabre G., Guillou F., Hoffmann S.,  Laplanche L., Morel E., Pinçon-Raymond M., Prieto P., Turco L., Ranaldi G., Rousset  M.,  Sambuy Y., Scarino M. L., Torreilles F., and Stammati A., “An inter-laboratory study to evaluate the effects of medium composition on differentiation and barrier function of caco-2 cell lines”, ATLA, 33, pp. 603-618, 2005.

[10] Prieto P., Blaauboer B.J., de Boer A.G., Boveri M., Cecchelli R., Clemedson C., Coecke S., Forrsby A., Galla H-J., Garberg P., Greenwood J., Price A. and Tähti H., “Blood-brain barrier in vitro models and their application in toxicology”, ATLA 32, pp.37-50, 2004.

[11] Brown N.A., Spielmann H., Bechter R., Flint O.P., Freeman S.j, Jelínek R.J., Koch E., Nau H., Newall D.R., Palmer A.K., Renault J-Y, Repetto M.F., Vogel R. and Wiger R., “Screening chemicals for reproductive toxicity: the current alternatives”, ATLA, 23, pp. 868-882, 1995.

[12] Jeram S., Riego Sintes J.M., Halder M., Baraibar Fentanes J., Sokull-Klüttgen B., Hutchinson T.H., “A strategy to reduce the use of fish in acute ecotoxicity testing of new chemical substances notified in the European Union”, Regulatory Toxicology and Pharmacology,42, pp.218-224, 2005.

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