Categorie: Salute

Le analisi del sangue? Te le fa il tatuaggio

Addio aghi e siringhe? Tra qualche anno, per fare le analisi del sangue potrebbe non essere più necessario andare in ospedale, ma potrebbe bastare farsi impiantare dei sensori sotto la pelle e avere uno smartphone. Una buona notizia per chi sviene alla sola vista di un ago, ma non solo: questi sensori sotto pelle potrebbero monitorare il sangue in modo continuo e, soprattutto, in tempo reale, rendendo possibile intervenire tempestivamente in caso di emergenze.

L’idea di questi sensori è venuta a Heather Clark, ricercatrice alla Northeastern University (Usa), mentre correva una maratona nel Vermont. “Non avevo idea di quanto e quando bere – ha confessato la Clark a Wired.com – o se, invece dell’acqua, avrei dovuto assumere sali minerali”. Da qui l’intuizione: di creare non semplici rivelatori – che non è cosa nuova – ma sensori da iniettare sotto la pelle proprio come fossero l’inchiostro di un tatuaggio. L’idea è diventata realtà grazie a uno studio condotto sui topi nel 2010, i cui risultati sono ora pubblicati in un articolo sul Journal of Integrative Biology.  

Nello studio in questione si parla solo di sensori capaci di monitorare la concentrazione sanguigna di sodio, ma in linea di principio si potrebbero controllare molte altre sostanze (dagli zuccheri all’ alcol), basta scegliere bene le molecole da mettere nel tatuaggio elettronico.

Ecco come sono fatti e come funzionano questi dispositivi. Si tratta di un set di sensori (circondati da un mezzo oleoso, così che non si disperdano), grande appena 100 nanometri, che viene iniettato sotto la pelle. I sensori contengono particelle specificamente scelte per legarsi solo ad alcuni target, per esempio sodio o glucosio. Il legame tra le molecole promuove il rilascio di ioni, che si manifesta con una fluorescenza.

A questo punto entrano in gioco gli smartphone o, per la precisione, l’ iPhone 4, l’unico, almeno per ora, abilitato a leggere le informazioni provenienti da questi sensori. Servono però dei dispositivi accessori che permettono alla fotocamera dell’iPhone di rilevare solo la fluorescenza emessa dai sensori, bloccando quindi il passaggio della luce dell’ambiente. In più, questi accessori contengono un led a luce blu (alimentato da una batteria da  9 volt) che crea un contrasto con la luce emessa dai sensori, permettendo alla lente dell’iPhone di catturare l’informazione luminosa. Una volta rilevata, ecco che la luce si trasforma in dati da leggere sullo schermo del proprio telefonino, come fosse una vera e propria cartella clinica.

In realtà, oggi i dati collezionati dall’iPhone hanno bisogno di passare per un altro dispositivo per diventare leggibili, ma Clark crede non sarà un problema far fare tutto il lavoro al solo smartphone. E le cose miglioreranno quando uscirà l’ iPhone 5, che con molta probabilità avrà una camera ancora più sensibile e potente.

“Sono in trepidante attesa dell’iPhone 5 – ha detto Matt Dubach, lo studente che ha equipaggiato gli iPhone per la lettura dei sensori – più megapixel significano più dati da analizzare”. Insomma, persino i bioingegneri sono in attesa della prossima creazione di Steve Jobs.

Senza correre troppo, però, bisogna ricordare che sino a ora il tutto è stato testato solo sui topi; i risultati ottenuti, però, fanno ben sperare a una prossima sperimentazione sull’essere umano. La Clark, inoltre, spera di poter trasferire questa tecnologia su qualsiasi sistema operativo, evitando che il melafonino abbia l’esclusiva.

Riferimenti: wired.it

Martina Saporiti

Laureata in biologia con una tesi sui primati, oggi scrive di scienza e cura uffici stampa. Ha lavorato come free lance per diverse testate - tra cui Le scienze, Il Messaggero, La Stampa - e si occupa di comunicazione collaborando con società ed enti pubblici come l’Accademia dei Lincei.

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