Le bugie della Philip Morris

La Philip Morris, la multinazionale del tabacco, avrebbe lanciato negli anni Novanta una campagna segreta per manipolare le prove scientifiche sui pericoli del fumo passivo. Lo hanno rivelato alcuni documenti interni della compagnia analizzati da Elisa K. Ong e Stanton Glantz dell’Università della California (San Francisco), in uno studio che sarà pubblicato dall’American Journal of Public Health di novembre. Secondo i ricercatori, la Philip Morris avrebbe pagato avvocati, aziende di pubbliche relazioni e di marketing, per coinvolgere alcuni gruppi industriali in un vero e proprio movimento che difendeva i suoi interessi. Si chiamava ‘scienza sana’ e, spacciandosi per un’organizzazione indipendente, fabbricava delle prove per smentire ogni relazione tra fumo passivo, cancro ai polmoni e malattie cardiache. In Europa, dove non esisteva nessuna normativa contro il fumo passivo, la Philip Morris avrebbe promosso gli standard proposti dall’Associazione di Industriali Chimici con il nome di “Buone Regole di Epidemiologia”. Modificandoli però in modo arbitrario e stabilendo una soglia di rischi per la salute più ampia del previsto. Dalle stesse regole poi la Philip Morris avrebbe omesso, le conclusioni sui danni del fumo passivo di uno studio epidemiologico europeo, condotto dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro. Tra il 1994 e il 2000, denunciano i ricercatori, i seminari sulle “Buone Regole di Epidemiologia”, che si svolsero negli Stati Uniti, nel Regno Unito, nell’Unione Europea e in Cina erano promossi dalla stessa Philip Morris. (d.d.v.)

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