Le cure che restano un miraggio

La nuova sfida alle multinazionali del farmaco parte dal Regno Unito. Qui Sunil Shaunak, professore di malattie infettive all’Imperial College di Londra e Steve Brocchini, della London School of Pharmacy, hanno messo a punto la prima medicina a basso costo bypassando le restrizioni dei brevetti. Modificando di poco la struttura molecolare di medicine già esistenti e protette da brevetti, i due scienziati hanno infatti messo a punto un farmaco, libero e quindi meno costoso, per i malati di epatite C, che nel mondo sono 170 milioni. Proprio mentre si attende il verdetto della causa intentata da Novartis contro il governo dell’India, accusato di permettere la produzione di generici a prezzi contenuti, atteso per il 29 gennaio prossimo, la notizia offre la speranza di rendere disponibili in un prossimo futuro i farmaci salva-vita anche alle popolazioni disagiate economicamente.

A dare un’occhiata alle cifre attuali, il mercato farmaceutico globale vale 510 miliardi di dollari, ma è concentrato per l’87 per cento nel Nord America, nell’Unione Europea e in Giappone. Gli investimenti mondiali in ricerca sono cresciuti dai 30 miliardi di dollari Usa del 1986 ai 105,9 di oggi, ma il 90 per cento di questi viene utilizzato per risolvere problemi che interessano solo il 10 per cento della popolazione mondiale. E infatti su oltre 1500 nuovi composti chimici immessi sul mercato mondiale tra il 1975 e il 2004, solo 20 nuovi farmaci (1,3 per cento) sono serviti a curare malattie tropicali e tubercolosi, che hanno un’incidenza globale del 12 per cento. Più dei tre quarti dei 1035 nuovi farmaci approvati dalla Federal Drug Administration statunitense tra il 1989 e il 2000 non hanno garantito alcun beneficio terapeutico nuovo rispetto a quelli dei prodotti esistenti e meno dell’1 per cento dei farmaci è stato destinato alla cura di malattie che colpiscono i poveri. In altre parole per una grossa fetta della popolazione mondiale i farmaci sono economicamente inaccessibili oppure essi non esistono o sono inefficaci.

Malattie come la tripanosiomasi africana umana (malattia del sonno), la tripanosiomasi del Sudamerica (morbo di Chagas), l’ulcera di Buruli, la dengue, la leishmaniosi, che colpiscono esclusivamente le popolazioni con basso potere di acquisto, non rappresentano un mercato interessante dal punto di vista commerciale e nessuna industria è disposta a investire in ricerca.
Eppure i dati sulla loro incidenza e mortalità sono allarmanti: 60 milioni di persone rischiano di contrarre la malattia del sonno, diagnosticabile con una puntura lombare difficile da praticare nelle strutture sanitarie del sud del mondo e curata ancora con un derivato dell’arsenico, molto tossico e obsoleto; la malattia di Chagas miete 50 mila vittime ogni anno, viene diagnosticata troppo tardi per mancanza di test adeguati e si cura con due farmaci, nifurtimox e benznidazolo, sviluppati negli anni Sessanta e Settanta. E poi c’è la tubercolosi, responsabile di quasi due milioni di decessi all’anno: i farmaci usati per curarla, sviluppati negli anni Cinquanta e Sessanta, sono ormai inefficaci e i metodi diagnostici poco funzionali per rilevare la malattia. Infine, dei 40 milioni di persone che vivono con l’Hiv/Aids nel mondo quasi quattro milioni non ricevono alcun tipo di cura e la maggioranza di essi vive nei paesi più poveri della terra. Il tenofovir, uno dei farmaci più usati nei paesi occidentali e raccomandato dall’Oms contro l’Aids, è stato approvato in Usa nel 2001, ma la casa produttrice, la Gilead, lo ha registrato solo in 15 dei 97 paesi in via di sviluppo che dovrebbero poter accedere al programma a prezzi ridotti. È di un anno fa, invece, la nuova versione lanciata negli Usa da Abbot del lopinavir/ritonavir, adatta ai paesi tropicali perché non si altera ad alte temperature, che però non è stata registrata in nessuno dei paesi poveri. Oltre mille bambini muoiono ogni giorno per complicazioni legate all’Aids ma non esistono compresse solubili e facili da assumere per questi piccoli.

“Se non si interverrà a livello politico, il costo delle terapie, per esempio per l’Aids, è destinato a crescere nei prossimi anni. Ai prezzi attuali la necessità di somministrare ai pazienti farmaci di nuova generazione, come raccomandato dall’Oms, porterà alla bancarotta i programmi di cura messi in piedi negli ultimi 15 anni”, spiega Gianfranco de Maio, direttore di Medici senza frontiere Italia. “La chiave per espandere i trattamenti finora è stata la comparsa degli equivalenti generici, prodotti soprattutto in India, ma anche Brasile e Thailandia, grazie ai quali il costo delle terapie di prima linea, nei paesi a basso reddito, negli ultimi cinque anni è sceso da 10 mila dollari a 400-150 dollari a paziente per anno”. Per evitare che la ricerca in questo campo sia solo privata o dipendente da organizzazioni filantropiche, le partnership non profit come la International Aids Vaccine Iniziative (Iavi) o la Drugs for Neglected Deseases Iniziative (DnDi) avrebbero bisogno di 200 milioni di dollari Usa in più ogni anno. I governi forniscono solo il 16 per cento dei loro finanziamenti per la ricerca finalizzata allo sviluppo di nuovi farmaci. Secondo l’Oms sono necessari almeno 3 miliardi di dollari l’anno per la ricerca e lo sviluppo destinate alle priorità sanitarie dei paesi poveri e per questo nel maggio scorso è stata varata una risoluzione che punta a creare una leadership pubblica, con governi nazionali e istituzioni internazionali in prima linea nella ricerca medica.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here