Categorie: SaluteSocietà

L’ebola è arrivata negli Usa

Dall’Africa occidentale l’ebola è arrivata anche negli Usa, con il primo paziente a ricevere una diagnosi di malattia in territorio americano. La persona, arrivata a Dallas (Texas) dalla Liberia lo scorso 20 novembre, ha cominciato a sviluppare sintomi riconducibili alla febbre emorragica che sta flagellando l’Africa occidentale quattro giorni dopo il suo arrivo sul suolo americano, riferisce il Centers for Disease Control and Prevention (Cdc). I test effettuati dopo il suo ricovero al Texas Health Presbyterian Hospital di Dallas hanno quindi confermato che si tratta effettivamente di ebola.

Visto che la persona malata non mostrava sintomi della malattia durante il suo volo dalla Liberia, non ci sarebbero ragioni per ipotizzare una diffusione del virus tra gli altri passeggeri presenti sul volo (dal momento che ebola è contagiosa solo se la persona mostra i sintomi tipici della malattia in fase attiva e comunque si richiede contatto con i fluidi e secrezioni di malati). Pertanto il Cdc non raccomanda controlli particolari ai passeggeri di quel volo, mentre insieme alle autorità locali si sta muovendo per identificare le persone che hanno avuto poi contatti col paziente sul suolo americano.

“Ebola può spaventare”, ammette il direttore del Cdc Tom Frieden:“Ma ci sono grandi differenze tra gli Stati Uniti e le zone dell’Africa dove l’ebola si sta diffondendo. Gli Stati Uniti hanno un forte sistema sanitario e professionisti della salute pubblica che si muoveranno in modo tale da far sì che questo caso non minacci le nostre comunità”, non nascondendo però la possibilità che nelle prossime settimane possano comunque verificarsi altri casi legati a questo, comunque controllabili (per esempio con il monitoraggio delle persone entrate in contatto con gli eventuali malati, il loro isolamento, un efficace sistema di diagnosi e appropriate misure di prevenzione).

Tutt’altra situazione invece in Africa, dove le morti sono più di 3mila e gli infettati oltre il doppio, e dove, oltre al dramma sanitario si aggiunge quello sociale, sempre più preoccupante. Ieri infatti l’Unicef ha fatto sapere che a causa dell’epidemia sono almeno 3.700 i bambini rimasti orfani di uno o entrambi i genitori in Guinea, Liberia e Sierra Leone, e molti vengono respinti dalle comunità di cui fanno parte per paura di venir contagiati dal virus.

Via: Wired.it

Credits immagine: AJC1/Flickr

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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