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L’Homo naledi era un nostro contemporaneo

È un parente speciale e il suo arrivo in famiglia, annunciato neanche due anni fa, era stato salutato come uno dei più grandi eventi del secolo nel campo dell’antropologia. Homo naledi, in effetti, ha da subito catalizzato l’attenzione degli antropologi da tutto il mondo, per quel misto di caratteristiche primitive e moderne che lo rendono unico. Ma prima ancora per l’enorme quantità di resti rinvenuti. Resti che sono ancora di più di quel che si credeva. Sulle pagine di eLife, infatti, oggi arrivano una serie di paper che annunciano il ritrovamento di altri fossili di Homo naledi – tra cui un cranio praticamente completo – in una camera (quella di Lesedi) diversa da quella che ha ribattezzato la specie (Dinaledi Chamber), sempre all’interno del labirintico sistema di grotte di Rising Star, presso la Culla dell’Umanità (Cradle of Humankind), in Sudafrica. Già questa di per sé è una notizia: rinvenire una grande quantità di resti fossili di ominidi non è un fatto comune.

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Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

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