L’incerto futuro dello shuttle

Come se non bastasse ci si è messo anche Katrina. L’uragano che nelle scorse settimane ha colpito la zona sud-orientale degli Stati Uniti ha ritardato ancor di più i lavori di restyling dello shuttle. L’ultima missione, quella del Discovery dello scorso luglio, la prima dopo il disastro del Columbia del 2003 in cui morirono tutti e sette i membri della navetta, non è infatti filata liscia come avrebbe dovuto. Durante la partenza alcuni pezzi del rivestimento del serbatoio si sono staccati, ma fortunatamente, come successe due anni e mezzo fa, senza danneggiare irrimediabilmente lo shuttle. Gli astronauti, comunque, dovettero operare delle passeggiate spaziali fuori programma per riparare la navetta e rientrare così in piena sicurezza.Ora mentre la Nasa stava cercando di porre rimedio per le future missioni, lo stabilimento in Louisiana, incaricato di sviluppare il nuovo serbatoio esterno necessario per riportare in orbita le navette spaziali, è rimasto gravemente danneggiato per il passaggio di Katrina. Un inconveniente che farà sicuramente posticipare il già rimandato lancio dello shuttle previsto per il prossimo marzo: prima della partenza del Discovery era fissato per questo settembre, ora si parla dell’autunno 2006. A peggiorare la situazione ci ha pensato l’uragano Rita, il cui arrivo ha fatto chiudere nei giorni scorsi il Johnson Space Center, il principale centro dove la Nasa disegna, sviluppa e testa le navette.Insomma, il futuro dello shuttle non è dei più rosei. Ma i guai causati dai due uragani sono solo gli ultimi di una lunga lista. La navetta, nonostante i suoi continui aggiornamenti è ormai vecchia (è in servizio da 24 anni) e i rischi di un suo utilizzo crescono ogni giorno di più. Non a caso nel 2010 andrà in pensione e sarà rimpiazzata dal Crew Exploration Vehicle (Cev) la cui prima missione sarà, come dichiarato dal presidente Usa George W. Bush, “non oltre il 2014”.Il Cev, oltre a sostituire lo shuttle nel servizio di navetta verso la Stazione Spaziale Internazionale (Iss), avrà il compito di portare di nuovo astronauti sulla Luna, e successivamente su Marte. Lo scorso 19 settembre, durante la presentazione del programma e rendendo ufficiale l’avvio della nuova missione lunare il direttore della Nasa Michael Griffin ha così definito il Cev: “Sarà come una capsula Apollo (quella che portò Armstrong e compagni per la prima volta sulla Luna, ndr.) dopo aver preso gli steroidi”. In effetti il Cev, che potrà ospitare sei astronauti, avrà un volume interno tre volte maggiore quello dell’Apollo e un diametro esterno di 5,5 metri. La capsula, riutilizzabile fino a dieci volte, potrà essere configurata anche come cargo e si aggancerà alla Iss e ad altri sistemi orbitanti e rientrerà atterrando sulla terraferma o nel mare con un sistema di paracaduti. Infine: sarà alimentata da da metano liquido e da pannelli solari.Un progetto ambizioso che nonostante l’ottimismo della Nasa e le parole di Bush potrebbe incontrare non poche difficoltà. Soprattutto economiche: il costo per riportare gli astronauti sulla Luna sarà di 104 miliardi di dollari, “il 55 per cento di quanto è costato il programma Apollo, in termini di valore attuale del dollaro”, secondo Griffin. Ma Washington ha accolto freddamente il preventivo, giudicandolo troppo costoso.Quale futuro, quindi, per il volo abitato nello spazio? Al momento sono poche le certezze. L’unica arriva dalla Russia, dove la navetta Soyuz è attualmente l’unico mezzo di trasporto tra la Terra e la Iss, l’unica in grado di assicurare il ricambio tra gli abitanti della casa orbitante e il trasporto dei rifornimenti. Un’alternativa, non ancora pronta però, sarà Clipper il veicolo russo che debutterà nel 2012. E a cui l’Agenzia Spaziale Europea (Esa) sta pensando per una sua eventuale partecipazione allo sviluppo: “Entro la fine dell’anno”, spiega Franco Bonacina, portavoce dell’Esa, “sapremo se i ministri della ricerca della Ue daranno il via libera a un nostro contributo al progetto di 30/40 milioni di euro per alcuni studi preliminari”.Attualmente, comunque, l’aspetto che preoccupa di più è la Iss. I problemi passati dello shuttle hanno rallentato il suo sviluppo e ora quelli futuri (la Nasa non ha ancora comunicato quanti lanci intende fare da qui al 2010, quando la navetta si ritirerà) impediscono di fare piani a media-lunga scadenza. Il timore è che da qui al 2012, quando nella migliore delle ipotesi Clipper e il Cev saranno operativi, sarà solo la Soyuz a raggiungere la Iss. Troppo poco per una struttura pensata per rimanere in piedi fino al 2020.

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