L’intrascurabile leggerezza della gravità

La somma non fa il totale. Così vuole la saggezza popolare, e anche i fisici sono d’accordo: la somma delle parti è infatti maggiore dell’insieme. Almeno se si parla di massa. Un esempio? La Terra: per convincersene basterebbe sbriciolare il nostro pianeta e sommare le masse dei singoli pezzettini. Il risultato sarebbe assolutamente sorprendente: le briciole peserebbero infatti tremila miliardi di tonnellate in più del pianeta “non sbriciolato”. Ora uno studio americano pubblicato su Physical Review Letters – una specie di bibbia per i fisici – conferma questa ipotesi, grazie alla combinazione di due diversi esperimenti.

Come si spiega il paradosso delle briciole mancanti? Grazie ad Einstein. Nella teoria della relatività, infatti, la famosa formula E = mc2 racconta che la massa può essere pensata come energia, e viceversa. Quando il nostro pianeta è tutto intero, allora, è come se una parte delle “briciole” – esattamente quei tremila miliardi di tonnellate – venisse convertita in energia. E quest’energia gioca un ruolo fondamentale: serve infatti a tenere unite tutte le particelle del pianeta, è quella che i fisici chiamano energia gravitazionale di legame. O anche “auto-energia” della Terra.

Tutto a posto, allora? Non ancora. La fisica è infatti una scienza che spesso ama le sofisticazioni intellettuali. Il problema, in questo caso, è rappresentato dal concetto di massa. Secondo i fisici ne esistono due tipi, battezzati “massa inerziale” e “massa gravitazionale”. Non esistono però oggetti composti di una o dell’altra: è come se ogni corpo le possedesse entrambe. Immaginiamo un pallone da calcio si trovi fermo, nel vuoto, lontanissimo da ogni possibile interazione. Per spostarlo dovremmo comunque dargli un calcio. Sarebbe insomma necessario vincere la sua “inerzia” al moto, dovuta proprio alla massa inerziale che lo compone. La massa gravitazionale invece, è quella che obbliga lo stesso pallone da calcio a ricadere sul suolo terrestre quando viene calciato in aria. E’ insomma la massa che “sente” la forza di gravità. Ed è la stessa che compare (sotto forma del simbolo m) nella celebre formula di Einstein.

Dal punto di vista teorico, non esiste alcun motivo per cui le due masse dovrebbero coincidere. Ma la somiglianza è tale che gli stessi fisici hanno ipotizzato, sin dai tempi di Newton, che le due fossero comunque equivalenti, enunciando il cosiddetto “principio di equivalenza”.

Ma veniamo alla Terra e alla sua massa. Sappiamo che mancano all’appello tremila miliardi di tonnellate di massa inerziale (le briciole). Che fine hanno fatto? Potrebbero essersi trasformate nell’autoenergia che tiene insieme il Pianeta? Sì, a patto che l’autoenergia si comporti come massa gravitazionale. In tal caso, vista l’equivalenza tra massa gravitazionale e inerziale, è lecito ammettere la trasformazione di quest’ultima in autoenergia.

La conferma sperimentale si è avuta grazie a uno studio condotto da Eric Adelberger, Blayne Heckel e Stefan Baessler dell’Università di Washington e pubblicato su Physical Review Letters: anche per l’”auto-energia” terrestre vale il principio di equivalenza. In altri termini: le briciole sono massa inerziale, sono equivalenti alla massa gravitazionale e una parte di esse, come vuole Einstein, si trasforma in energia per tenere il pianeta tutto “attaccato”.

Lo studio si basa sulla combinazione di due esperimenti: uno nello spazio, l’altro realizzato in laboratorio. Il primo è l’osservazione accurata e trentennale del movimento della Terra e della Luna, resa possibile dalle missioni Apollo. Gli astronauti sbarcati sulla Luna, infatti, lasciarono dei potenti specchi sulla superficie, in grado di riflettere i raggi laser sparati dalla Terra. Registrare questa specie di eco luminosa ha permesso agli scienziati di valutare con estrema precisione la posizione e la velocità del nostro satellite.

Le misurazioni hanno mostrato che la forza di gravità esercitata dal Sole provoca la stessa accelerazione di Luna e Terra, nonostante il fatto che i due corpi celesti abbiano al loro interno diverse quantità di “auto-energia”. Cosa significa? Che “l’auto-energia” si comporta proprio come una massa gravitazionale. Masse diverse, soggette alla forza di gravità, subiscono infatti la stessa accelerazione, come aveva mostrato Galileo Galilei già nel Seicento, scagliando biglie di peso diverso dalla torre di Pisa in un esperimento che è passato alla storia. E “auto-energie” diverse si comportano nello stesso modo.

Ma questa non è ancora la prova definitiva. Terra e Luna hanno una diversa composizione: il nostro pianeta è ricco in ferro e nickel, mentre il satellite ha più silicio e magnesio. Questa diversità – hanno pensato i fisici americani – potrebbe allora aver nascosto il comportamento diverso delle due “auto-energie”, producendo un effetto esattamente contrario . E allora ecco l’ideazione del secondo esperimento: dimostrare che la composizione di un oggetto non ha alcuna influenza su come questo “sente” la forza di gravità. Nei laboratori di Seattle, gli scienziati hanno montato infatti un delicato pendolo sospeso a un filo di tungsteno e isolato in una camera a vuoto. Al pendolo sono state poi agganciate due piccole masse: una di acciaio (simile alla Terra), l’altra di quarzo (simile alla Luna). Le due sferette erano inoltre così piccole da permettere agli scienziati di trascurare la loro “auto-energia”. A questo punto una serie di laser ne ha tracciato il flebile movimento dovuto alla lontanissima presenza del Sole. E ha permesso di stabilire che la differenza di composizione non influenza minimamente il comportamento delle due masse.

Combinando i due risultati, il team di fisici americani ha potuto così affermare che il principio di equivalenza si applica anche all’energia di legame gravitazionale, che “pesa” esattamente come ogni altro tipo di massa. E che è quindi corretta l’ipotesi secondo la quale “triturando” il nostro pianeta troveremmo tremila miliardi di tonnellate di briciole in più di quanto ci aspettiamo. Un esperimento, comunque, che non è il caso di mettere in pratica.

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