Linus Torvalds, rivoluzionario per caso

    Linus Torvalds e David Diamond
    Rivoluzionario per caso. Come ho creato Linux (solo per divertirmi)
    Garzanti, 2001
    pp.285, euro 14,98

    C’era una volta un finlandese brutto e solitario… Così in altri tempi sarebbe iniziato questo libro. Oppure, per un favolista tecnologico: c’era una volta un piccolo sistema operativo, brutto e inutile… Non nascondiamoci: la storia di Linus e del suo sistema operativo è una favola divenuta realtà. Ma invece di ascoltarla da uno dei fratelli Grimm, la sentiamo dalla voce del brutto anatroccolo stesso: Linus Torvalds.

    Tutto iniziò in braccio al nonno statistico all’università di Helsinki: fu il primo a portare a casa un computer. Né un padre comunista, né una sorella litigiosa, né una madre preoccupata sono riusciti negli anni a distoglierlo dalla passione informatica. E così, studente all’università con il suo primo Pc, Linus decide di capire come funziona e a fargli fare quello che gli serve. Da qui la versione 0.01 di Linux, che ha ormai compiuto un decennio di vita (il 25 agosto scorso), e la svolta nella vita del geek (il genietto brutto e un po’ sfigato) finlandese di lingua svedese, che in pochi anni si laurea, trova una moglie (pluricampionessa nazionale di karate), emigra nella Silicon Valley della corsa all’oro informatico, diventa ricco. E nel frattempo, Linux cresce. Cresce fino a diventare il maggior concorrente dell’orco della favola, Bill Gates. Prima nelle università, poi nelle aziende, e ora sui desktop dei computer di migliaia di utenti privati, Linux si ritaglia grandi fette di mercato.

    E nonostante questo, continua a essere un software libero, tendenzialmente gratuito (se andate in edicola, almeno due riviste che regalano Linux le trovate). Il miracolo è oltretutto avvenuto in brevissimo tempo, e in modo del tutto inatteso. Motore principale è stato lo sforzo collaborativo di migliaia di programmatori in tutto il mondo che hanno nel tempo risolto i bachi di Linux e lo hanno adattato ai diversi hardware. Tutto ciò è stato possibile grazie al fatto che lo stesso Torvalds ha scelto di mettere Linux sotto Gpl (General Public Licence), una licenza particolare che obbliga a mettere a disposizione di tutti ogni innovazione apportata al software, e renderne pubblica il codice sorgente (source). Linux è così un open source, cioè ognuno può adattarlo alle proprie esigenze lavorando sulla costruzione del programma stesso. Ma nessuno può renderlo privato, cioè mettere il proprio marchio su tutto il sistema operativo. Si possono vendere delle distribuzioni, cioè pacchetti di applicazioni insieme al sistema, farsi pagare una certa cifra (generalmente circa un decimo di una licenza per Microsoft Office), e magari offrire a pagamento l’assistenza. Ma quando tu compri Linux il sistema operativo è effettivamente tuo, non è in affitto come Windows98.

    Il libro spiega tutto questo, con dovizia di particolari biografici e pochi tecnicismi, ma è anche un tentativo da parte di Torvalds di spiegare la psicologia dell’hacker, lo “smanettone” che passa giornate al buio nella stanza da letto con addosso un accappatoio e mangia pizza e salatini, e il perché da queste menti all’apparenza malate sia potuto nascere un capolavoro tecnologico come Linux. In più, il finlandese tenta di far capire “il senso della vita”, che per lui altro non è che il divertimento. Tutto è fatto per divertirsi: Linux, il sesso, anche la guerra e la società. Per quanto non sia del tutto convincente, è però divertente, appunto, seguire il giovane finlandese sin dall’infanzia alla periferia di Helsinki fino agli incontri con alcuni dei guru dell’informatica contemporanea. Linus non fa di tutto per mostrarsi simpatico, ma spesso ci riesce. Soprattutto, non vuole passare per un eroe disinteressato al denaro che si batte contro il mondo, ma mostrarsi per quel che è: una persona normale, seppur con un talento fuori dalla norma.

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