Liscia, gassata o agli estrogeni?

Quando beviamo da una bottiglietta d’acqua minerale mandiamo giù anche un po’ di estrogenomimetici, composti chimici che mimano gli ormoni e che potrebbero interferire con il nostro sistema endocrino. A rivelarlo sono due studi appena usciti: l’uno tedesco, pubblicato su Environmental Science and Pollution Research, l’altro italiano, apparso su International Journal of Hygiene and Environmental Health (qui il link a PubMed). La notizia potrebbe interessarci molto da vicino, dal momento che l’Italia è il maggior consumatore d’acqua minerale d’Europa e il terzo nel mondo, con 200 litri pro capite ogni anno, sebbene quella che scorre dai nostri rubinetti sia potabile.

Si tratta degli unici due studi, ad oggi, che hanno analizzato l’effetto biologico combinato di queste molecole, rilasciate con molta probabilità dalla plastica con cui viene imbottigliata l’acqua. Le due ricerche differiscono molto per campionamento, metodologia e risultati, ma concordano su un punto: alcune acque minerali contengono estrogenomimetici in dosi che interferiscono con il sistema endocrino e che possono risultare tossiche per gli organismi. Questi composti, infatti, per la loro struttura molecolare sono capaci di legarsi ai recettori per gli ormoni e, una volta al loro posto, agiscono in modo anomalo.

I ricercatori tedeschi, guidati da Martin Wagner e Jörg Oehlmann del Department of Aquatic Ecotoxicology della Goethe University, hanno analizzato 20 marche di acque commerciali, riscontrando effetti di interferenza endocrina nel 60 per cento dei campioni contenuti in bottiglie di plastica. La ricerca italiana ha invece esaminato 30 campioni delle 9 marche più note che si trovano nei supermercati: “Abbiamo considerato la quantità di acqua giornaliera consigliata (1,5-2 litri, ndr.) e l’abbiamo concentrata secondo i protocolli standard”, racconta a Galileo Daniela Reali, docente di Igiene presso l’Università di Pisa e coautrice dello studio insieme a Barbara Pinto: “Nel 10 per cento dei casi abbiamo trovato che i composti in miscela riconoscevano il recettore per gli ormoni e innescavano una serie di processi biologici a catena”. La più alta attività estrogenica rilevata è risultata equivalente all’attività indotta da 23,1 nanogrammi per litro dell’ormone naturale 17Beta-estradiolo e alcuni campioni hanno mostrato effetti di tossicità su cellule di lievito.

“Le percentuali riportate dai colleghi tedeschi mi sembrano un po’ troppo alte”, spiega Reali, “ma al di là di questo, un valore che può sembrare basso, come il 10 per cento rilevato dalle nostre analisi, deve far suonare un campanello d’allarme: se è sufficiente esaminare pochi litri per registrare un’attività estrogenica significativa, chissà cosa potremmo trovare con un campionamento sistematico delle bottiglie d’acqua vendute ogni anno in Italia, di cui l’80 per cento sono in plastica. Entrambi gli studi mostrano solo la punta di un iceberg”.

Sono solo pochi anni, infatti, che l’attenzione si sta focalizzando sulle acque minerali, mentre sono ormai molti gli studi che hanno rilevato l’attività estrogenica indotta da contaminanti ambientali (come il packaging per alimenti), mostrando come questi composti “impostori” possano portare a una diminuzione dello sperma e all’infertilità nell’uomo, e  all’endometriosi, a un’anormale funzione tiroidea e a tumori al seno in età giovanile nella donna.

I valori soglia che attualmente limitano la quantità di sostanze chimiche che si trovano nelle acque minerali non tengono conto dell’effetto combinato. Così si possono avere cinque sostanze diverse, tutte sotto i limiti consentiti per legge, il cui effetto combinato risulta però tossico. Inoltre, se, come ritengono i ricercatori, è la plastica a rilasciare gli estrogenomimetici, il rilascio avviene molto lentamente, e i controlli eseguiti sulle acque al momento della richiesta di messa in commercio non tengono conto del fatto che le bottiglie restano stoccate per molto tempo.

E l’acqua del rubinetto? “L’acqua potabile è buona, almeno per i campioni analizzati da noi (acque toscane, ndr.)”, risponde Reali: “Per legge, però, deve essere clorata e da anni è dimostrato che i cloroderivati sono mutageni. Ma l’acqua deve essere disinfettata e bisogna scegliere il male minore. Per il momento sembra che la scelta a minor rischio per il consumatore ricada sull’acqua in bottiglie di vetro”.

Riferimenti: doi:10.1016/j.ijheh.2008.06.004 e Environ Sci Pollut Res
DOI 10.1007/s11356-009-0107-7

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