L’isolamento di Avogadro

Marco Ciardi
Amedeo Avogadro.
Una politica per la scienza

Carocci, 2006
pp.136, euro 14,60

La scienza occidentale ebbe una decisa accelerazione a partire dalla fine del Settecento. Se la Rivoluzione scientifica dei secoli precedenti aveva modificato radicalmente il modo di vedere il mondo, l’avvento della Rivoluzione industriale modificò il rapporto che le discipline scientifiche avevano con la società. Semplificando al massimo, si definì in questo periodo anche un nuovo modo di fare scienza, con esigenze diverse e la necessità di rispondere a domande e bisogni non motivati dalla sola ‘sete di conoscenza’.

Ciò ebbe conseguenze importanti anche dal punto di vista della ‘geografia’ della scienza: i paesi che più erano all’avanguardia nell’industrializzazione delinearono in maniera sempre più marcata l’esistenza di un ‘centro’ rispetto a una ‘periferia’, aumentando una distanza che già esisteva tra le nazioni, ma anche favorendo la nascita di nuovi luoghi di produzione di scienza.

È il caso dell’Inghilterra, per esempio, dove l’industrializzazione pose nuovi quesiti anche teorici che coinvolsero parte dell’establishment scientifico dell’epoca. In Francia, la rivoluzione napoleonica creò nuovi spazi per la tecnologia, anche in termini di insegnamenti universitari, con un politica di sostegno alla ricerca in diverse direzioni, per una questione di prestigio nazionale oltre che di necessità pratiche.

Lo sviluppo della chimica, e in particolare della chimica dei gas, fu esemplare da questo punto di vista, poiché i nuovi processi chimici per la produzione industriale, nonché l’introduzione delle macchine a vapore, aprirono orizzonti nuovi per una ricerca che fino allora era rimasta pura. È questo lo sfondo nel quale prese forma la carriera scientifica di Amedeo Avogadro.

Nato nel 1776, Avogadro ha legato la sua fama alla legge e al numero che portano il suo nome: entrambi si riferiscono alle molecole dei gas, e il ‘numero di Avogadro’ (il numero di molecole contenute in una mole di qualsiasi una sostanza) è l’unica costante universale che porta il nome di uno scienziato italiano.

Le sue ricerche, effettuate soprattutto a Torino, nell’allora Regno di Sardegna, ebbero eco in tutta l’Europa scientifica. La posizione periferica dello stato sabaudo divenne però presto un problema. Le brillanti intuizioni teoriche di Avogadro non poterono infatti essere sviluppate oltre, causa la penuria di strutture e apparecchi per compiere gli esperimenti che aveva in mente.

Per questo, questa biografia (la prima su questo interessante protagonista della scienza) porta come sottotitolo ‘una politica per la scienza’. Questa infatti fu ciò che mancò per Avogadro, che nonostante l’impegno profuso, nella didattica nonché in numerosi compiti di amministrazione pubblica (per esempio, come commissario per il rilascio dei brevetti), non riuscì non solo a perseguire una carriera scientifica al livello che avrebbe voluto e meritato, ma neppure creò una scuola attorno a sé.

In questo senso, l’essere periferico fece sentire il suo peso, dal momento che la modernizzazione industriale del Regno prese avvio con molto ritardo rispetto ad altri paesi, e dunque il tentativo che Avogadro aveva in mente – collegare la scienza accademica all’industria per mezzo dell’innovazione tecnologica e della didattica – non poté arrivare a compimento. Anzi, lo scienziato fu spesso frustrato nelle sue iniziative volte a ottenere un sostegno politico per i suoi progetti.

La biografia scritta da Marco Ciardi (che ha curato anche l’edizione di alcuni manoscritti inediti di Avogadro appena pubblicata da Olschki) dunque non si limita agli aspetti strettamente scientifici, ma spazia a 360 gradi, restituendo appieno al lettore il profilo dello scienziato e della cultura che ha attraversato da protagonista.

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