L’Italia bandisce l’import

Niente più pelli di cuccioli di foca in Italia. L’Italia ha infatti deciso di bandirne l’importazione e la commercializzazione con un atto politico vincolante annunciato dal viceministro al commercio estero Adolfo Urso, nel corso di una conferenza svoltasi il 13 febbraio e promossa insieme alla Lega antivivisezione (Lav). Non solo. Oltre a rendere operativo da subito il divieto di import da paesi come Canada, Norvegia e Russia, previsto da una direttiva europea, il governo ha in programma altre forti iniziative. Prima di tutto un decreto interministeriale che prevede l’introduzione del regime restrittivo delle licenze per l’importazione di pelli di foca anche da animali adulti fino a una proposta di legge, sottoscritta da 20 parlamentari, per estendere il bando dell’import e del commercio di pellicce di cani e gatti anche a pelli e derivati di foca. Inoltre, si pensa all’introduzione di una etichetta contro le barbarie, una sorta di marchio etico per consapevolizzare all’acquisto. Una netta presa di posizione, insomma, contro un mercato che ogni anno fa strage di 300 mila animali. In Canada, infatti, i cacciatori possono uccidere esemplari di foca di appena 12 giorni di vita a colpi di bastone o con armi da fuoco per conservare intatte le loro pellicce e poi scuoiarli vivi. Negli ultimi tre anni, dicono gli scienziati, questa pratica ha fatto strage di almeno un milione e mezzo di foche e in base alle proprie quote caccia il Canada ha in programma di eliminare altri tre milioni di esemplari. L’Italia è stata in passato uno dei maggiori produttori al mondo di articoli e accessori di abbigliamento di foca ma le numerose campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica hanno contribuito al crollo di questo mercato, sceso dai 16 miliardi di vecchie lire di 10 anni fa agli attuali 60 mila euro. In Europa seguono la tendenza al bando dell’Italia anche Belgio e Olanda, che stanno per introdurre lo stop alle licenze. Sulla stessa strada Messico e Groenlandia mentre ma continuano a preoccupare i mercati emergenti di Giappone, India e Indonesia. (r.p.)

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