Lo scheletro della discordia

La nona Corte d’Appello di San Francisco ha accordato a un gruppo di ricercatori il permesso di studiare un antico scheletro, nonostante l’opposizione delle tribù di Americani Nativi che considerano questo il sacrilegio dei resti di un proprio antenato. Il reperto in questione è “l’uomo di Kennewick”, scheletro di un essere umano vissuto 9000 anni fa, scoperto nel 1996 nello stato di Washington. Il suo ritrovamento ha scatenato una battaglia legale tra i paleontologi che intendevano studiarlo e le tribù Umatilla, Yakama, Colville e Nez Perce, che considerano l’uomo di Kennewick un loro antenato, che come tale andrebbe seppellito. Il giudice Ronald Gould ha sentenziato che il reperto potrebbe essere considerato un Americano Nativo solo in presenza di una chiara somiglianza con la popolazione attualmente esistente. Ma dagli studi risulta che il cranio ritrovato è più lungo e più stretto di quello dei Nativi attuali. I ricercatori, guidati da Robson Bonnichsen dell’Università del Texas, fanno sapere di voler continuare gli studi per capire se queste differenze siano il risultato di processi evolutivi, o se popolazioni più antiche siano state rimpiazzate dagli odierni Americani Nativi. “Avere questo reperto è un’occasione più unica che raro”, dice Silvia Gonzalez, paleontologa all’università di Liverpool, “e purtroppo abbiamo già perso materiali molto preziosi ed insostituibili”. Infatti negli USA la Legge di protezione e rimpatrio delle tombe dei nativi (NAGPRA) ha portato alla restituzione alle tribù di molti reperti sotto esame degli scienziati. Anche per l’uomo di Kennewick, gli enti governativi che difendono le tribù meditano di fare ricorso alla Corte Suprema. (p.s.)

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