Lo splendore delle maschere Maya

Splendenti. Così dovevano apparire le costruzioni dei Maya. Nel vero senso della parola. Una ricerca della Queensland University of Technology (Qut), in Australia, ha infatti stabilito che quella antica civiltà conosceva e utilizzava la mica, un minerale silicato particolarmente brillante (con un alto potere riflettente),  facile da frammentare. La scoperta è stata fatta da Rosemary Goodall, attraverso l’analisi chimico-fisica di alcuni frammenti di colore ritrovati nel sito archeologico di Copàn, in Honduras (America Centrale), uno dei primissimi centri popolati (già dal 1.600 a.C.).

La mica veniva applicata sopra la pittura rossa delle maschere di stucco che si trovavano agli angoli del tempio di Rosalila, costruito tra il 400 e il 900 d.C. e ritrovato sepolto sotto una piramide. Secondo gli archeologi, la costruzione doveva essere una delle più alte della valle, simbolo della magnificenza e della cultura dei regnanti Maya.

Grazie a particolari tecniche di analisi dei campioni di colore, Goodall ha scoperto due nuovi pigmenti, uno verde e uno a base di mica: “Ho utilizzato una tecnica di analisi a infrarossi, la Ftir-Atr spectral imaging”, ha spiegato la ricercatrice australiana, “che finora non era stata mai utilizzata per i reperti archeologici. Mentre altre tecniche considerano aree microscopiche, questo metodo di indagine è in grado di analizzare nel dettaglio una porzione di campione più ampia, in cui la composizione del colore può essere ricavata più facilmente”.

Utilizzando questa tecnica insieme alla spettroscopia Raman (per la determinazione della struttura molecolare), è stato possibile trovare la “firma” di ciascun minerale presente nei pigmenti.

Il tempio di Rosalila era ricoperto da più di 15 strati di colore e stucco. La conoscenza delle composizione mineralogica permetterà ora di risalire al colore di ciascuno strato: “Ho trovato che lo stucco è cambiato nel tempo”, continua Goodall, “I Maya sono divenuti, negli anni, artisti più raffinati”. (a.c.)

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