Salute

Long Covid, è ancora mistero sullo sviluppo dei sintomi dopo l’infezione

Long CovidOvvero: un insieme di sintomi persistenti e disabilitanti di cui soffrono alcuni pazienti sopravvissuti a Covid-19. Tra questi, per esempio, faticaconfusionearitmie cardiachedisturbi intestinali, e molti altri, che possono durare mesi dopo l’inizio dell’infezione, o comparire mesi dopo la sua fine. Se la definizione vi sembra nebulosa o troppo generica, non vi sbagliate. Ed è proprio questa al momento, una delle questioni più urgenti sul tavolo della comunità degli scienziati che si occupano di Covid-19: per trovare terapie e contromisure agli strascichi della malattia è assolutamente indispensabile conoscere e definire precisamente tutte le sue caratteristiche. 

Un compito tutt’altro che facile, come vedremo tra poco. Ci stiamo provando con molta convinzione: lo scorso dicembre, il Congresso statunitense ha approvato un finanziamento di 1,15 miliardi di dollari per sostenere un programma quadriennale di ricerca sul tema, e a febbraio i National Institutes of Health hanno dichiarato che si sarebbero serviti di parte di questo finanziamento per condurre diversi studi di grandi dimensioni su adulti e bambini che soffrono di long Covid.

Il nuovo studio

C’è una novità interessante, comunque. Su Jama Internal Medicine è stato infatti appena pubblicato uno studio condotto da diverse università e centri medici in Francia e in Italia, le cui conclusioni sono in qualche modo inaspettate, e da valutare con attenzione. Gli autori dello studio hanno intervistato 26.283 pazienti, chiedendo loro se avessero sofferto di Covid-19 e/o se avessero sofferto di qualche sintomo diverso dal solito (in particolare quelli notoriamente associati al long Covid) nei mesi precedenti all’intervista. Poi ne hanno analizzato campioni del sangue, cercando anticorpi che confermassero o meno l’infezione da Sars-CoV-2. 

Incrociando i dati, hanno osservato l’elemento che permette di prevedere con più attendibilità se un paziente svilupperà i sintomi del long Covid non è il fatto di essere stati effettivamente contagiati o meno da Covid-19, ma il credere o meno di esserlo stato. Una differenza neanche troppo sottile.“Le prossime ricerche sul long Covid dovrebbero considerare i meccanismi sottostanti alla sindrome, che potrebbero non essere specifici del virus – hanno scritto gli autori -. Potrebbe essere necessaria una valutazione medica dei pazienti per prevenire sintomi attribuiti al long Covid ma che in realtà potrebbero essere dovuti a un’altra malattia”. 

La questione, che merita di essere indagata con attenzione, è probabilmente legata a quello che dicevamo in apertura. Dal momento che i sintomi del long Covid sono così tanti, e così diversi tra loro, è molto difficile sia per i pazienti sia per i medici capire se effettivamente sono dovuti a un’infezione pregressa o a un motivo che non ha niente a che fare con Covid-19.

Gli altri studi

Ci sono troppe cose che ancora non sappiamo: per esempio, banalmente, quante persone ne soffrono, come ha ricordato Wired Uk. Secondo una stima basata su un’indagine condotta dal King’s College di Londra, nel Regno Unito, il 2,3% dei pazienti soffrirebbe i sintomi del long Covid (che a loro volta, tra l’altro, non sono definiti in modo rigoroso) per un periodo di tempo superiore a 12 settimane dopo l’infezione. Un altro studio, condotto su una corte di pazienti cinesi ospedalizzati dopo l’infezione da Covid-19, ha mostrato che il 26% di loro aveva difficoltà a dormire sei mesi dopo l’infezione, e il 63% di loro soffriva di debolezza muscolare nello stesso intervallo temporale. 

Altri studi, condotti negli Stati Uniti, hanno mostrato che più di un terzo dei pazienti Covid-19 “non torna allo stato di salute precedente all’infezione” in un periodo di tempo che va da tre settimane a sei mesi dopo il contatto con il virus. E ancora: una meta-analisi che ha messo insieme i risultati di 57 studi diversi, completata nell’ottobre scorso, ha svelato che la metà delle persone con sintomi tipici di Covid-19 aveva problemi di salute fino a sei mesi dopo l’infezione originaria.


Più di 200 i sintomi associati al Long Covid


Una questione complessa

Perché i risultati sembrano essere così diversi? Il problema è quello da cui siamo partiti: la definizione di long Covid, al momento, è ancora piuttosto nebulosa, e non ne esiste una versione univoca e condivisa da tutta la comunità scientifica. Uno studio pubblicato a dicembre 2020 da parte di ricercatori britannici e statunitensi insieme a un’associazione di pazienti, per esempio, ha associato al long Covid una lista di oltre 200 sintomi relativi a praticamente tutti gli organi del corpo.

È evidente che con una definizione così generica e omnicomprensiva è difficile capire se uno specifico sintomo sia realmente conseguenza dell’infezione da Sars-CoV-2 o imputabile a qualche altro disturbo. A complicare ulteriormente le cose, poi, c’è il fatto che alcuni pazienti non sviluppano alcun sintomo durante l’infezione o subito dopo essere guariti, ma dopo alcune settimane o mesi di benessere cominciano a soffrirne. È ancora opportuno, in questi casi, parlare di long Covid? Oppure siamo in presenza di un altro disturbo, per cui sarebbe richiesta una diagnosi differenziale ben definita?

Via: Wired.it

Credits immagine: Towfiqu barbhuiya on Unsplash

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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