Ricerca d'Italia

Longobardi: dal DNA nuova luce sulle invasioni barbariche

Antropologi, genetisti, storici ed archeologi si sono messi insieme per analizzare, per la prima volta il DNA dei Longobardi, antichi invasori, migrati dalla Pannonia (l’attuale Ungheria) all’Italia nel VI secolo d.C., ottenendo lo studio del genoma completo di queste popolazioni barbariche. L’analisi ha incluso 63 campioni provenienti da due cimiteri del VI secolo d.C., uno in Ungheria e l’altro in provincia di Torino. La ricerca è stata condotta da un team internazionale guidato da ricercatori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Firenze, del Max Planck Institute di Jena, dell’Università Stony Brook di New York e dell’Institute for Advanced Study di Princeton (New Jersey). I risultati sono pubblicati su Nature Communications.

Lo studio getta nuova luce sulle invasioni barbariche, un momento chiave della storia europea ancora poco conosciuto, anche a causa delle molteplici interpretazioni delle fonti scritte, e contribuisce alla ricostruzione storica della vita delle comunità di longobardi e della loro interazione con le popolazioni locali.

I dati del DNA sono compatibili con quella di una migrazione nel VI secolo d.C. dei Longobardi dalla Pannonia all’Italia settentrionale. E sempre dall’analisi del genoma emerge che queste popolazioni si sono mischiate con quelle locali italiche. “Il mescolamento non è stato solo culturale ma anche genetico”, sottolinea David Caramelli, che ha coordinato il gruppo di Firenze, composto anche dalle ricercatrici Stefania Vai, Martina Lari e Alessandra Mod, “a parziale correzione di una lettura storica dell’insediamento longobardo, che sottolineava un netto distacco fra le popolazioni germaniche e quelle locali”Inoltre, differenze nel tipo di sepoltura, prova della presenza di diversi usi e costumi, sono state associate anche a differenze genetiche.  “L’esame delle sepolture – prosegue Caramelli -suggerisce che entrambe le comunità di Longobardi contenevano un mix di individui con background genetici diversi”. Infatti, individui sepolti insieme a elaborati corredi funebri – spade e scudi per gli uomini, collane di perline e spille per le donne – hanno rivelato un’eredità genetica associata ai moderni europei centro-settentrionali, oltre che il consumo di una dieta alimentare ricca di proteine. Mentre altri individui, con genomi più simili a popolazioni attuali del sud Europa, erano accompagnati nella sepoltura da una minore abbondanza di beni ed erano caratterizzati da un regime alimentare più povero.

La ricerca sul DNA ha consentito di ricostruire l’elenco completo degli ascendenti delle persone sepolte: entrambi i cimiteri, a più di 1000 km di distanza, erano organizzati attorno a uno/due grandi gruppi di parenti, la maggioranza dei quali individui di sesso maschile, con ricco corredo armato e riconducibili al ceppo centro-settentrionale. Lo studio, partecipato da numerose istituzioni di ricerca internazionali, ha visto il contributo anche dell’Università di Padova, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e degli atenei di Sassari e Ferrara.

“Mentre sono ormai numerosi gli studi sul DNA antico dei nostri progenitori preistorici”, conclude Caramelli, “questa ricerca costituisce il primo studio genomico completo sulle popolazioni barbariche longobarde”.

Riferimenti e immagini: Nature Communications, Università di Firenze

Redazione Galileo

Gli interventi a cura della Redazione di Galileo.

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