L’orienteering potenzia la memoria

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(Foto: Jordan Madrid su Unsplash)

Il declino cognitivo infatti fa parte del normale processo di invecchiamento e coinvolge principalmente alcuni aspetti della memoria, della velocità di elaborazione del ragionamento e dello svolgimento di più funzioni contemporaneamente. Ma ci sono dei modi per aiutare a contrastarlo, magari agendo su abitudini che abbiamo ormai perso, come quella di muoverci e orientarci? A quanto pare sì. I ricercatori della McMaster University, in Canada, hanno dimostrato che chi fa orienteering ha una migliore memoria spaziale, riuscendo potenzialmente a contrastare il declino cognitivo legato all’età. Lo studio è stato pubblicato su Plos One.

Come ricordano i ricercatori, infatti, oggi viviamo in un’epoca completamente differente rispetto a quella in cui il nostro cervello si è evoluto. Le mappe del cellulare ci portano ovunque, grazie ai GPS ci spostiamo facilmente anche in luoghi che non conosciamo. Sotto questo punto di vista, dunque, viviamo in una dimensione che richiede stimoli cognitivi minimi e le nostre capacità di memoria ed elaborazione spaziale potrebbero essere compromesse. Eppure – secondo alcune teorie e secondo gli autori dello studio odierno – recuperarle, o meglio allenarle, potrebbe aiutarci, anche per migliorare quelle capacità cognitive che si deteriorano con l’età e se non vengono stimolate.

Nell’orienteering l’atleta non ha un percorso prestabilito da seguire: solo utilizzando una bussola e una mappa deve capire e scegliere qual è il percorso più veloce per arrivare al traguardo. Quando ci si sposta intenzionalmente, lo spazio che ci circonda viene codificato attraverso due strategie: la strategia egocentrica, in cui vediamo lo spazio in prima persona e memorizziamo la disposizione dell’ambiente circostante o la strategia allocentrica, dove invece lo spazio è rappresentato nella nostra mente come una sorta di mappa che viene utilizzata per direzionarci all’interno dell’ambiente visto dall’esterno.

I ricercatori canadesi hanno valutato gli effetti dell’orienteering sulle funzioni cognitive di 158 adulti di età compresa tra i 18 e gli 87 anni, con diversi livelli di abilità nella disciplina sportiva. A ciascun partecipante è stato chiesto di completare un questionario con i dati demografici e informazioni relative alle strategie di navigazione nello spazio e alla memoria autobiografica. I ricercatori hanno osservato che, rispetto a chi aveva poca o nessuna esperienza in materia di orienteering, i partecipanti più esperti utilizzavo entrambe le strategie di codifica dello spazio – egocentrica e allocentrica – e avevano anche una memoria spaziale più elevata. Età, sesso, ed attività fisica non hanno influenzato i risultati.

Quindi, secondo i ricercatori probabilmente chi si impegna nell’orienteering protegge i domini della cognizione spaziale e il declino della memoria, correlato all’invecchiamento, può essere mitigato impegnandosi attivamente in attività che richiedono una navigazione attiva.

Riferimenti: Plos One; McMaster University

Credits immagine: Jordan Madrid su Unsplash