L’orologio biologico scatta anche per lui

Gli uomini si preparino ad accettare l’idea che l’orologio biologico non batte solo per le donne. Secondo una ricerca dell’Università di Berkeley (Usa) pubblicata sui Proceedings of he National Academy of Sciences l’età dell’uomo incide sulla qualità dello sperma: invecchiando, aumentano i difetti genetici, con potenziali effetti sulla fertilità, e i rischi per la futura progenie. I ricercatori statunitensi hanno confrontato la qualità degli spermatozoi di 100 donatori di seme di età compresa tra i 22 e gli 80 anni. L’analisi delle anomalie dello sperma riguardava numero, mobilità, forma degli spermatozoi, frammentazione del Dna e capacità riproduttive, allo scopo di comprendere relazioni di causa ed effetto tra l’invecchiamento dei pazienti e i rischi per la salute degli embrioni concepiti. I dati raccolti hanno evidenziato che la quantità di Dna con alti livelli di frammentazione nei donatori più anziani era cinque volte più alta rispetto alle cellule riproduttive dei più giovani. La perdita di compattezza del Dna è stata associata all’infertilità maschile e le mutazioni nel materiale genetico ai rischi di nanismo nei figli. Non ci sono prove invece sulle responsabilità dell’età paterna sulla sindrome di Down, la cui incidenza resta associata all’età della madre. Gli studiosi ritengono che nella scelta di ritardare o meno il concepimento di figli non si dovrebbe tener conto solo dell’orologio biologico femminile. (a.c.)

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