Luca Parmitano: “Ora più vicino a tutta l’umanità”

“È stato un privilegio unico e spero di non averlo sprecato. Quello che provo ora è che mi sento molto più vicino a tutto il resto dell’umanità”. Di sicuro fisicamente ora è davvero più vicino, Luca Parmitano, appena rientrato sulla Terra dopo l’incredibile volo di sei mesi a bordo della Stazione spaziale internazionale,di cui vi abbiamo brevemente riassunto i punti salienti. Ma non è solo perché prima ci separavano ben 400 chilometri di quota. “Il trovarmi così lontano mi ha in qualche modo avvicinato più di prima alla Terra”. È questo il primo messaggio che l’astronauta di Paternò lancia dal Johnson Space Center di Houston, dove è stato trasferito dopo l’atterraggio per seguire il programma di riabilitazione dopo volo. Appare sorridente, disteso, sereno. In piena forma, nonostante ora debba re-imparare a combattere i 9,81 m/s2 che ora lo schiacciano contro la superficie terrestre. 

Il racconto di Parmitano comincia dalla fine: “Il mio primo pensiero dopo l’atterraggio è stato di sollievo. Siamo arrivati nella steppa kazaka in una giornata di sole, c’era tanta gente che ci aspettava: tutto è andato alla perfezione. Quando mi hanno estratto fuori ho visto il sole splendere, i miei colleghi in perfetta forma e mi sono sentito subito benissimo”, come d’altronde avevamo avuto modo di vedere dal sorriso che sfoggiava appena uscito dalla Soyuz.E poi ricorda commosso l’incontro con sua moglie Kathy e con le figlie Sara e Maya: “Le ho svegliate io: l’espressione nei loro occhi è qualcosa che resterà con me per il resto della mia vita. Nel loro sguardo ho visto come se continuassero a sognare. Un sorriso di felicità che mi ha riempito il cuore e mi ha dato una gioia inesprimibile”.

Comunque, il lavoro di Luca non è ancora finito: “Attualmente sono impegnato nei test standard previsti per tutti gli astronauti che rientrano da voli di lunga durata”, racconta, riferendosi al cosiddetto post-flight, una fase molto impegnativa che durerà circa sei mesi. “Da una parte continuerò il ciclo di esperimenti iniziati in orbita, raccogliendo altri dati e paragonandoli a quelli prima e durante il volo”. Appena atterrato, subito dopo l’estrazione, Luca è stato portato in una tenda dove sono stati eseguiti i primissimi prelievi; poi è stato trasferito all’ospedale di Karaganda dove si è sottoposto ai test di comportamentovestibolare e di capacità ortostatiche dell’apparato cardiovascolare (cioè la capacità compensazione della pressione in relazione alla postura). Una volta arrivato a Houston, Parmitano si è dovuto rimettere ai comandi: “Ho usato un simulatore di volo, in cui ho provato a far atterrare un aereo e un simulatore di un rover su Marte. Poi mi sono sottoposto a una biopsia muscolare”. In parallelo a tutto ciò, spiega Parmitano ci sarà la fase di riabilitazione: “Effettivamente per sei mesi il mio corpo si è abituato a vivere in assenza di peso. Adesso lo sento fortissimo addosso a me – mi sembra di camminare con me stesso sulle mie spalle. Nelle prossime settimane dovrò eseguire una serie di esercizi per ricondizionare il mio corpo a vivere in gravità terrestre”.

Luca è tornato poi con la mente al passato. Ai momenti di difficoltà della missione, che afferma di aver vissuto come delle sfide: “È questo il bello del mio lavoro. Una cosa interessante non può essere semplice. Le difficoltà sono state tantissime. Gli esami a Star City in Russia, prima della partenza, per esempio, sono stati estremamente complessi e stressanti, come sa qualsiasi astronauta”. Per non parlare delle fasi successive, quando Luca si è trovato “per la prima volta legato a un razzo in fase di decollo”, e ha dovuto affrontare “uno dei rarissimi incidenti durante un’attività estraveicolari. È stata una difficoltà che siamo riusciti a risolvere grazie al supporto terrestre e al mio collega Chris Cassady”. Molto modestamente, Parmitano dimentica di citare il proprio sangue freddo, che nell’occasione lo tirò fuori da una situazione non proprio piacevole. “Il mio pensiero, comunque, va ancora alla Stazione”, continua Luca. “Ai miei colleghi che continuano il lavoro di manutenzione e ricerca. Mi piacerebbe essere ancora lì con loro e aiutarli. Ma mi conforta il pensiero che la Iss è ancora in ottime mani”. 

Per quanto riguarda il futuro, Parmitano confessa di non sapere quello che lo attende dopo il post-flight. E conferma il suo profilo politically correct: “Ora sono concentrato nell’ultima fase di Volare. Dopo mi rimetterò a disposizione dell’Agenzia Spaziale Italiana e dell’Aeronautica Militare: c’è chi sta già lavorando per utilizzare le mie risorse e la mia esperienza e metterle a disposizione della scienza per eventuali missioni future”.

Credits immagine: NASA
Via: Wired.it

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here