Luminose promesse

Velocità della luce, costante universale, massimo limite della natura. O no? Gli scienziati ne subiscono il fascino da secoli, costantemente impegnati a studiarla e osservarla. E anche quando sembra che della luce si sappia tutto, o quasi, ecco arrivare nuovi risultati che aprono entusiasmanti scenari. Come per esempio quello ottenuto recentemente da Lene Hau all’Università di Harvard, che è riuscita a rallentare la luce alla velocità di una bicicletta. C’è chi la luce se la gode il mattino uscendo di casa, e chi la teletrasporta. Ma se la teoria della relatività di Einstein è sempre ben salda, quel che cambia è la possibilità che i nuovi risultati della fisica ci consegnino tecnologie rivoluzionarie, ritenute possibili finora solo a livello teorico. Quantum computer, optoelettronica, crittografia quantistica, frontiere informatiche e delle comunicazioni ancora inesplorate. Di cosa si tratta? E quando succederà?

“Dopo l’esperimento di Lene Hau le nuove tecnologie finora solo pensate si fanno più vicine. Anche se non sono ancora dietro l’angolo”, afferma Francesco De Martini, professore di ottica quantistica all’Università “La Sapienza” di Roma. Nonché primo fisico a rendere, nel luglio del 1997, il teletrasporto una realtà. Certo, siamo lontani dai viaggi dell’equipaggio dell’Enterprise, la celebre astronave di Star Trek. Nel laboratorio di De Martini a viaggiare fu solo un fotone, un minuscolo quanto di luce da cui però la scienza si aspetta grandi cose. È proprio con il fotone, infatti, che viaggiano le informazioni. “E sono queste che la Hau è riuscita a intrappolare, non il raggio luminoso”, continua De Martini. “Sia chiaro: la luce non si ferma. Ma, fatta passare dentro un apposito mezzo denso, cede l’informazione quantistica, che resta imbrigliata nel mezzo. Dopo questo risultato, la strada verso le nuove tecnologie è aperta”.

Allora, ecco cosa potrebbe riservarci questo futuro luminoso. Fatichiamo a risolvere certi problemi improponibili per i calcolatori attuali? La soluzione è costruire un computer quantistico, che manipola le informazioni sotto forma di livelli di energia degli atomi. E che possiede una spaventosa potenza di calcolo. Gli scienziati ritengono che un computer quantistico possa risolvere in pochi minuti un problema che costerebbe mesi di lavoro a qualche centinaio di macchine attuali collegate via Internet. Il destino dei moderni microchip al silicio sarebbe allora la soffitta. E cari saluti al vecchio “bit”, sostituito dal “qubit”. Il bit infatti segue le leggi della fisica classica, e può pertanto assumere solo due valori. Come un interruttore, che può essere solo “acceso” o “spento”, il bit può valere solo 0 o 1. Non così il qubit, che può essere sì nello stato 0 o 1, ma anche in tutti quelli risultanti da una loro combinazione. Questo perché, come afferma De Martini, “il mondo dei quanti è strano e misterioso” e la materia, a quelle scale, si comporta secondo leggi che mettono alla prova il buon senso di chiunque. Grazie al qubit, dunque, un processore quantistico – pensato per la prima volta dal Nobel Richard Feynmann nel 1982 – potrebbe elaborare più serie di dati contemporaneamente. Aumentando in maniera esponenziale la quantità di informazioni trattate.

Ma il qubit potrebbe risolvere un’altra, spinosissima, questione: quella della sicurezza nella trasmissione di dati segreti. Che siano piani militari o il nostro numero della carta di credito, i sistemi di crittografia utilizzati finora non sono infallibili, come dimostrano i frequenti attacchi degli hacker ai principali sistemi commerciali e governativi in tutto il mondo. Se fosse possibile sfruttare una coppia di fotoni dalle proprietà quantistiche particolari, scoperte da Einstein negli anni Trenta, allora il messaggio potrebbe viaggiare in modo totalmente sicuro. Questo perché, con il sistema di crittografia quantistica, un eventuale “spia” verrebbe immediatamente scoperta. E ancora: le tecnologie elettro-ottiche per le telecomunicazioni e gli apparecchi basati sul laser, come quelli medici per le diagnosi, potrebbero compiere un salto di qualità, così come tutti i più sofisticati dispositivi ottici: microscopi elettronici, telecamere per la visione notturna, strumenti di misurazione, interruttori ottici superveloci.

“Oggi le industrie con campi aperti verso il futuro hanno forte richiesta di ragazzi laureati in ottica quantistica”, osserva De Martini. Ma i problemi da superare sono ancora notevoli. Queste tecnologie, conosciutissime a livello teorico, devono infatti fare i conti a livello pratico con un grosso ostacolo, quello della “decoerenza”. “L’informazione quantistica è fragile, e si rovina facilmente a contatto con gli atomi”, conclude De Martini. “E credo che servirà ancora diverso tempo per risolvere questo problema”.

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