Malaria: un vaccino dimezza il rischio di ammalarsi

“ È la dimostrazione più concreta, sinora, della possibilità di sviluppare un vaccino contro la malaria, una delle malattie più devastanti al mondo”. Con queste parole Christopher J. Elias, presidente di Path, una delle organizzazioni no profit internazionali più attive nella lotta alla patologie che affliggono il mondo in via di sviluppo, ha commentato da Seattle – dove si sta svolgendo il Malaria Forum – la pubblicazione dei risultati preliminari dello studio di fase III del vaccino RTS,S sul New England Journal of Medicine. I dati, che si riferiscono a 6mila bambini fra i 5 e i 17 mesi di età, immunizzati nell’arco di un anno, indicano una riduzione del 56% dei casi di malaria e del 47% di quelli di forma grave. Lo studio è portato avanti da una partnership di ricerca che vede coinvolti il Path, GlaxoSmithKline e la Bill & Melinda Gates Foundation.

Il trial, ancora in corso, sta coinvolgendo 11 centri di sette nazioni dell’ Africa sub-sahariana e consiste nel mettere a confronto il vaccino RTS,S con un altro vaccino non diretto contro la malaria. Oltre ai bambini fra i 5 e i 17 mesi, sono stati reclutati anche neonati fra le 6 e le 12 settimane, per un totale di oltre 15mila piccoli pazienti. Un’analisi degli episodi di malaria grave fra le due popolazioni – i neonati e gli infanti – indica un abbassamento della riduzione del rischio al 35% nell’arco di tempo fra 0 e 22 mesi. Ma sarà solo alla fine del 2012 che si potrà avere un’idea precisa dei dati relativi ai più piccoli. E saranno di importanza strategica per poter pensare di somministrare il vaccino insieme alle altre forme di immunizzazione che i neonati ricevono nei primissimi mesi di vita. Peraltro, la popolazione trattata usa per il 75% le tende intrise di insetticida, uno dei presidi più efficaci contro le punture di zanzara. Il vaccino, quindi, si dimostra un valido strumento per abbattere l’incidenza della malattia anche fra chi si protegge al meglio.

“Sono scarse, allo stato attuale, anche le conoscenze sull’ efficacia a lungo termine del vaccino: solo alla fine del 2014, quando saranno passati 30 mesi dalla somministrazione della terza dose, si potrà dire qualcosa di concreto”, ha detto Tsiri Agbenyega, rettore del Kwame Nkrumah University of Science and Technology (Knust) College of Health Sciences di Kumasi, Ghana, uno dei ricercatori che in prima linea ha sperimentato il nuovo vaccino. Nel 2014 verrà valutata anche l’efficacia di un eventuale quarta iniezione, un richiamo che dovrebbe aumentare la risposta immunitaria. Gli eventi avversi più frequenti registrati sono stati polmonite e diarrea, purtroppo molto frequenti nei bambini africani, e si sono verificati nel 18% dei casi, un dato simile a quello riscontrato con altri vaccini, compreso quello usato nel braccio di controllo.

Con tutti questi dati alla mano, non prima del 2015, la partnership porterà la richiesta di approvazione agli enti regolatori che dovranno decidere la messa in commercio del vaccino.

“Il nostro impegno è quello di sviluppare e commercializzare un vaccino al minor prezzo possibile, e per questo stiamo lavorando per abbattere i costi”, ha affermato Andrew Witty, amministratore delegato di Gsk: “ Il nostro margine di profitto sarà del 5%, ricavo che investiremo totalmente in ricerca per le malattie neglette”.

“Anche se l’efficacia dimostrata dal vaccino RTS,S non è paragonabile a quella a cui siamo abituati per altre malattie, questi risultati sono davvero incoraggianti e dobbiamo pensare al numero assoluto di vite che possiamo salvare”, ha commentato Regina Rabinovich, direttore del programma mondiale per le malattie infettive della Bill & Melinda Gates Foundation. Sebbene, infatti, l’ultimo rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità metta in luce una diminuzione della mortalità da malaria del 20% nell’ultima decade, questa malattia rimane ancora uno dei flagelli mondiali, soprattutto nell’Africa sub sahariana. Nel 2009, l’85% dei 781mila morti per malaria abitavano in questa area, la maggior parte erano bambini.

Riferimenti: wired.it

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