Mammiferi made in Asia

Un repentino e violento cambiamento di clima, un caldo asfissiante che provocò mutamenti nella maggior parte delle specie animali e vegetali. È quanto successe circa 55 milioni di anni fa, quando dal Paleocene si passò all’Eocene. Fu proprio allora che le più antiche forme di primati e molti dei moderni mammiferi ungulati fecero la loro comparsa sulla Terra. Ora, per la prima volta, grazie al confronto fra i reperti rinvenuti in Asia, Europa e Nord America i ricercatori dell’Università della California a Santa Cruz indicano un luogo preciso da dove avrebbe avuto origine il lento ma inesorabile movimento di conquista di alcune delle specie più importanti di moderni mammiferi: l’Asia. Mucche, pecore, alci, cavalli, rinoceronti e tapiri sono alcuni degli animali che oggi popolano la Terra e che sono i nipoti di quei primi esemplari che dalle pianure cinesi si mossero alla conquista degli altri continenti.

“Ora possiamo finalmente capire cosa successe in Asia durante la transizione fra le due ere, momento che sappiamo sconvolse l’habitat dell’Europa e del Nord America”, afferma Paul Koch, uno dei coordinatori dello studio pubblicato su Science. Oggetto di studio sono stati i reperti rinvenuti nel bacino di Hengyang nel sud della Cina: perissodattili (ordine di animali dalle dita dispari), insettivori, antichi roditori, i progenitori delle moderne balene, ungulati e rettili. Un patrimonio prezioso il cui studio ha permesso di ricostruire anche la storia di una famiglia oggi estinta di mammiferi carnivori, i creodonti ienodontidi. Questi animali simili a cani, indicati fra i maggiori predatori dell’Eocene, apparsero prima in Asia e poi si trasferirono in Nord America.

“Finora l’analisi dei reperti di origine statunitense aveva indotto a ritenere che questi animali avessero avuto origine in quelle terre e che poi, da lì, si fossero spinti fino a occupare anche Asia ed Europa”, spiega Koch. Ma le evidenze messe insieme da circa 30 anni di scavi hanno ora condotto a un sovvertimento di questa ipotesi, e con essa del percorso che gli esemplari intrapresero. “Per mettere in sequenza cronologica i fossili dei diversi continenti abbiamo utilizzato la stratigrafia a isotopi e quella magnetica”, va avanti Koch. E proprio la “biocronologia” ha permesso di tracciare una linea di demarcazione precisa fra i reperti risalenti a prima e dopo il passaggio fra le due ere. Utilizzando l’isotopo di carbonio i ricercatori hanno rivelato un’anomalia nei fossili dell’Eocene, legata con ogni probabilità al rilascio massiccio di gas metano dall’oceano che proprio alla fine del Paleocene causò il repentino cambiamento di temperatura della superficie terrestre e che durò circa 100 mila anni.

“E’ una situazione rara nella storia dell’interpretazione dei fossili”, va avanti Koch, “in cui possiamo indicare con precisione un punto nel tempo e guardare alla distribuzione in quel tempo delle specie animali sulla Terra”. Successivi studi geochimici e paleomagnetici chiariranno i dubbi rimanenti: i ricercatori vorrebbero infatti dimostrare che gli eventuali gruppi di mammiferi che si fossero sviluppati nell’Asia tropicale o in Africa durante il Paleocene potrebbero essere migrati a latitudini più alte solo a causa del cambiamento di clima, quindi solo all’incirca 55 milioni di anni fa. Questo giustificherebbe l’assenza di fossili nelle aree tropicali e la loro presenza invece nelle aree desertiche. Uno spostamento che avrebbe aperto la strada a un movimento su più ampia scala fino a raggiungere Europa e Nord America.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here