Maneggiati da un raggio di luce

Lo dice anche la saggezza popolare: “spaccare un capello in quattro” è impresa per nulla semplice. Allora spaccare un capello in cento deve essere ai limiti dell’impossibile. Eppure, secondo quanto riferito nell’ultimo numero della rivista Science, un gruppo di ricercatori scozzesi della St. Andrews University ha messo a punto un sistema che permette di muovere e ruotare nello spazio anche i più delicati oggetti microscopici, grandi appunto quanto la centesima parte di un capello, intrappolandoli in un fascio di luce. Questa tecnica consentirà di manipolare le minutissime componenti di micromacchine o strutture biologiche con una precisione e una facilità di controllo senza precedenti.

“La nostra tecnica”, spiega Kishan Dholakia, che guida il gruppo di ricerca, “permetterà di realizzare miscelatori, centrifughe e altri microcomponenti in grado di far funzionare macchine minuscole ed economiche, i microautomi del prossimo futuro. Non solo. Potremo orientare intere cellule o strutture sub-cellulari per studiare numerosi processi biologici. E favorire la scoperta di nuovi farmaci”. Un farmaco, infatti, è una molecola in grado di interagire con altre molecole, spesso proteine, coinvolte in una malattia. Le molecole sono strutture tridimensionali e interagiscono legandosi fra loro grazie a una sorta d’incastro in tre dimensioni. Sfruttando la tecnologia di Dholakia e dai suoi collaboratori, si potranno ruotare le molecole biologiche nello spazio per cercare nuovi incastri o, in altre parole, nuovi farmaci.

La tecnica scozzese è stata collaudata con successo su sferette di silicio di pochi micron e microscopiche bacchette di vetro che potrebbero essere usate per mescolare minute quantità di liquido. Ma funziona anche sui cromosomi e potrebbe essere applicata ad altre componenti cellulari, come i mitocondri o le strutture del citoscheletro. “Si potrebbe persino far cambiare direzione a un organismo cellulare inducendo la rotazione dei fasci di microtubuli che si trovano all’interno”, suggerisce Dholakia.

Dholakia e il suo team hanno perfezionato la cosiddetta tecnologia delle pinzette ottiche: si sfrutta la forza di un gradiente ottico per intrappolare oggetti di piccole dimensioni all’interno di un fascio luminoso. Tutti gli oggetti con indice di rifrazione maggiore dell’ambiente circostante, infatti, sono attratti verso il punto in cui la luce ha la massima intensità, cioè verso il punto di focalizzazione del fascio. Spostando il punto di focalizzazione del fascio, si possono spostare gli oggetti intrappolati al suo interno. Nella fecondazione assistita, questa tecnica viene usata per introdurre gli spermatozoi nella cellula uovo.

Ma anziché usare una singola sorgente luminosa, il gruppo di Dholakia ha combinato due laser speciali per generare un fascio di luce a forma di spirale e intrappolare i micro-oggetti in un braccio di questa spirale. Manipolando l’orientazione di uno dei laser, è possibile fare in modo che la spirale ruoti. E poiché i micro-oggetti sono vincolati alla spirale, subiranno a loro volta una rotazione. “La nostra tecnica”, afferma Dholakia, “funziona con qualunque materiale e permette un completo controllo del senso di rotazione e della sua velocità. L’unico limite riguarda la dimensione degli oggetti, che non può essere inferiore alla capacità di focalizzazione del raggio luminoso, attualmente pari a circa mezzo micron, cioè due millesimi di millimetro”.

L’iniziativa del progetto è partita dal Consiglio di ricerca britannico per l’ingegneria e le scienze fisiche. Da un anno, fisici e biologi della St. Andrews University lavorano fianco a fianco con un obiettivo comune. “Riuscire a pilotare otticamente microcomponenti che possano funzionare all’interno di una cellula”, dice Dholakia, “e realizzare il primo laboratorio in miniatura per test biochimici in vivo”.

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