Mappatura ad alta risoluzione

Una nuova tecnica per identificare e localizzare l’insieme dei geni di un organismo potrà aumentare la risoluzione delle mappe genomiche. Lo hanno dimostrato alcuni ricercatori del Dana-Farber Cancer Institute di Boston, sperimentando questa metodologia sul piccolo verme Caenorhabditis elegans. Un risultato che secondo Marc Vidal, principale autore dello studio pubblicato su Nature Genetics, potrà essere applicato anche al genoma umano. Finora infatti la mappatura genetica si è basata principalmente sui dati ricavati da elaborazioni al computer. Che ci dicono qual è la probabile posizione di una sequenza di Dna su un cromosoma. Gli scienziati del Dana-Farber invece hanno utilizzato un diverso approccio. Sono partiti dalle Orf, le porzioni dei geni che costituiscono le istruzioni necessarie alla cellula per fabbricare una proteina: quindi hanno isolato e raccolto l’intero set di istruzioni presenti nelle cellule di C. elegans. Infine, hanno confrontato ciascuna di esse con le regioni cromosomiche in cui era stato mappato il gene corrispondente. Così hanno potuto constatare che in più del 50 per cento dei casi non c’era un’esatta corrispondenza tra i geni predetti al computer e quelli realmente isolati. Secondo i ricercatori dunque questa nuova tecnica permetterà di rifinire le mappe genetiche fino a ottenere una vera e propria immagine dettagliata dei genomi. (v.n.)

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