Categorie: Spazio

Margherita Hack, una grande divulgatrice

Questo articolo è apparso originariamente su Galileo il 12 ottobre 1996.

Il 27 dicembre del 1984 una ricercatrice americana, Roberta Score, trovò uno strano meteorite nell’Antartide. Il colore,verdastro, era diverso dal solito, ma malgrado ciò il meteorite non fu studiato in modo particolare. Fu solo 12 anni dopo, il 7 agosto del 1996 che un gruppo di scienziati annunciò che in questo meteorite erano annidati dei residui fossilizzati di esseri monocellulari aventi un’età di circa 3 miliardi e mezzo di anni, e che questo pezzo di sasso a forma di patata proveniva molto probabilmente da Marte.

La provenienza da Marte è provata dal fatto che nelle cavità del meteorite sono intrappolati dei gas rari, e i loro rapporti isotopici sono gli stessi di quelli trovati nell’atmosfera marziana dalle due sonde Viking atterrate su Marte nel 1976, e diversi dai valori terrestri. Ma come è possibile che questo meteorite (e altri 12 contenenti bolle d’aria con lo stesso rapporto isotopico di gas rari) sia potuto sfuggire all’attrazione gravitazionale di Marte e raggiungere la Terra?

Si ipotizza che un asteroide abbia colpito la superficie di Marte con un angolo radente. Il riscaldamento prodotto dall’impatto avrebbe liquefatto la superficie circostante e scagliato via pezzi di roccia a velocità superiore alla velocità di fuga da Marte (che è di circa 5km/sec), mettendoli su orbite eccentriche attorno al Sole. Essi orbiterebbero per miliardi di anni. Si calcola che una piccola percentuale di questi potrebbe eventualmente essere attratta gravitazionalmente dalla Terra e finire per schiantarsi sulla sua superficie. Dalla stima di quanta sia stata l’esposizione ai raggi cosmici, si valuta che il meteorite sia stato espulso da Marte circa 15 milioni di anni fa, e caduto sulla Terra sia rimasto seppellito sotto i ghiacci dell’Antartide, da dove sarebbe riaffiorato 13 mila anni fa.

Le prove più convincenti che sul meteorite ci siano effettivamente resti fossilizzati di organismi viventi sono varie. Ciascuna presa a solo avrebbe poco valore, ma tutte insieme sono abbastanza valide. La prima prova è la scoperta di molecole organiche, gli idrocarburi aromatici policiclici (o Pah), composti di idrogeno e carbonio, mai trovati prima in meteoriti di supposta origine marziana. Inoltre, grazie ad un potente microscopio elettronico è stato possibile rivelare la presenza di magnetite (un minerale composto di ferro e ossigeno) e di gregite e pirrotite (minerali composti di ferro e zolfo) che sulla terra sono prodotti dall’interazione dei microbi con l’ambiente. E’ stata poi osservata una notevole abbondanza di microscopici globuli composti di carbonati. Infine si sono osservate delle strutture microscopiche di forma allungata e altre a forma di uovo che hanno forme e dimensioni simili ai più microscopici batteri terrestri.

Poiché il meteorite è stato almeno 13 mila anni sulla Terra, viene naturale chiedersi se queste prove non siano il risultato di contaminazione terrestre. Però il miscuglio di vari Pah è diverso da quello trovato in Antartide. Inoltre la concentrazione di Pah cresce verso l’interno del meteorite, mentre se fossero dovuti a contaminazione terrestre, la concentrazione dovrebbe crescere verso l’esterno. Un’altra obiezione è che la magnetite, la pirrotite e la gregite possono formarsi attraverso processi che non hanno bisogno dell’intervento di batteri. Ed infine quando i minerali cristallizzano possono produrre delle strutture microscopiche indistinguibili dai microfossili di batteri.

In conclusione, per quanto attraente sia l’idea che su Marte si siano potute sviluppare forme elementari di vita circa 3 miliardi e mezzo di anni fa, e cioè quando lo stesso processo aveva inizio sulla Terra, le prove sono ancora tutt’altro che definitive. D’altra parte le osservazioni della superficie di Marte eseguite dalle varie sonde spaziali mostrano che in passato Marte doveva essere ricco di acqua, come testimoniano i letti di grandi fiumi: doveva avere un’atmosfera che è poi in gran parte sfuggita nello spazio interplanetario, poiché la massa di Marte – circa un decimo di quella terrestre – non era sufficiente per tenerla legata gravitazionalmente; le temperature di Marte, oggi che l’atmosfera è estremamente rarefatta, oscillano fra -80 di notte e anche +20 all’equatore durante l’estate marziana. Quindi non solo ci sono state condizioni adatte allo sviluppo della vita, ma è possibile che ancora oggi ci possano essere forme di vita elementare, sotto il terreno, che le proteggerebbe dalla radiazione ultravioletta solare, e in vicinanza dei poli, dove c’è ancora dell’acqua sotto forma di permafrost.

Le sonde che dovrebbero raggiungere Marte l’anno prossimo forse ci diranno qualcosa di più. Soprattutto quella che dovrebbe atterrare su Marte, nel luglio 1997, almeno secondo le previsioni, ed esplorare il terreno circostante e studiarne la composizione chimica. Infine è in progetto, per il 2005 una sonda che dovrebbe ritornare a terra con campioni di materiale raccolto su Marte. Forse all’inizio del prossimo millennio avremo una risposta definitiva alla domanda: esiste o è esistita la vita su altri corpi celesti?

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