Un nuovo materiale trasparente, sviluppato dai ricercatori della University of California di Riverside, è in grado di auto-ripararsi, di allungarsi e raggiungere fino a 50 volte la sua lunghezza iniziale. Proprietà che lo renderebbero ideale, ad esempio, per riparare danni alle batterie degli smartphone senza bisogno di sostituirle dato che è in grado di generare corrente.
Presentando l’innovazione alla conferenza annuale dell’American Chemical Society, Chao Wang, ha capo della ricerca, ha spiegato: “Quando ero bambino, il mio idolo era Wolverine degli X-Men. Poteva salvare il mondo, ma solo perché aveva il potere di auto-curarsi. Un materiale che si ripara da solo, se tagliato in due pezzi, può ricomporsi proprio come la pelle umana.”
Wang ha aggiunto che la chiave dell’autoriparazione sta nei legami chimici. In natura, esistono due tipi di legami: i legami covalenti, che sono robusti e, una volta rotti non si riformano facilmente, e i legami non covalenti, che sono più deboli ma anche più dinamici, e possono riformarsi. Un esempio di legame non covalente è quello dei legami a idrogeno, che collegano le molecole di acqua tra di loro: questi legami si rompono e riformano in continuazione; a livello macroscopico è proprio questo che conferisce all’acqua la sua fluidità.
Per conferire al materiale la sua conducibilità, il team ha utilizzato un altro tipo di legame non covalente, chiamato interazione ione-dipolo, un tipo di forza che si esercita tra ioni e le molecole polari, ossia delle molecole che presentano una carica parziale positiva su uno dei suo lati e una carica parziale negativa sul lato opposto.
“Le interazioni ione-dipolo funzionano particolarmente bene come conduttori ionici,” ha spiegato Wang, aggiungendo che il nuovo materiale è basato proprio su questo principio: una serie di polimeri (ossia una catena formata da gruppi di molecole) polari allungabili tenuti insieme da un sale ionico. Una volta tagliato in due, il materiale è in grado di auto-ripararsi completamente in sole 24 ore a temperatura ambiente.
I ricercatori stanno ora lavorando sui polimeri utilizzati per migliorare le caratteristiche del materiale, ad esempio eseguendo dei test in diverse condizioni, come in un ambiente con un alto tasso di umidità. “Materiali di questo tipo solitamente non funzionano bene quando c’è molta umidità,” ha spiegato Wang, “L’acqua si infiltra all’interno e rovina i legami, cambiandone le proprietà meccaniche. Al momento stiamo lavorando sui legami tra le molecole all’interno del polimero per preparare il materiale per essere utilizzato praticamente”
Riferimenti: American Chemical Society
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