Vita

La medusa che brilla di blu grazie alle proteine fluorescenti

Nella Grande barriera corallina australiana, al largo dell’isola di Heron, vive una medusa molto bizzarra: si tratta dell’Aequorea australis, è trasparente con delle curiose linee blu molto luminose. A identificarla è stato un team ricercatori dell’Università della California a San Diego, guidato da Nathan Shaner, che grazie a innovative tecniche di analisi ha scoperto come questa particolare colorazione blu sia dovuta a ben cinque proteine fluorescenti finora sconosciute al mondo della scienza. Lo studio, i cui risultati saranno pubblicati a breve, è stato per ora diffuso sul sito pre-print bioRxiv.

L’analisi del genoma della medusa

Quando Shaner e il suo team hanno portato la medusa blu nel loro laboratorio, hanno sequenziato il suo genoma. Dalle analisi, i ricercatori hanno scoperto che alcuni specifici geni sono responsabili della produzione di proteine che emettono una radiazione simile alla proteina fluorescente verde (Gfp), una proteina espressa dalla medusa Aequorea victoria. Grazie alla sua fluorescenza, questa proteina è usata dagli scienziati da tempo come strumento per esperimenti e tecniche di biologia molecolare, e in particolare come marcatore nelle indagini di identificazione e localizzazione di proteine e di altre cellule (come quelle tumorali). La Gfp, infatti, se colpita ed eccitata da una radiazione a una specifica lunghezza d’onda, riemette luce di colore verde acceso.

Le nuove proteine fluorescenti

In questo caso, tuttavia, i ricercatori hanno scoperto che la specie A. australis è provvista di ben cinque proteine fluorescenti: due verdi, altre due blu e una gialla. “Le proteine fluorescenti sono un po’ come un coltellino svizzero: per ognuna di loro si può fare un uso diverso a seconda di ciò che vogliamo studiare”, afferma Shaner. “Spero che queste nuove proteine consentiranno agli scienziati di studiare cose che prima non potevano vedere”. Tra queste, la proteina più brillante, chiamata AausFP1, si è dimostrata quasi cinque volte più luminosa della Gfp. Ma non solo: AausFP1 non perde la sua fluorescenza fino a 2,5 giorni, permettendo così ai ricercatori di utilizzarla per periodi di tempo più lunghi, rispetto invece alla Gfp che perde la sua luminosità entro poche ore.

Nelle immagini A e B un esemplare di Aequorea victoria. Nelle immagini C e D un esemplare di Aequorea australis. Foto: Nathan Shaner

“Lo studio è entusiasmante, ma le proteine fluorescenti appena identificate dovranno essere modificate per renderle davvero utili agli scienziati”, ha commentato a Science Joachim Goedhart, ricercatore dell’Università di Amsterdam. I miglioramenti, suggerisce l’esperto, potrebbero essere alcune mutazioni per renderle più piccole, più luminose e più facili da manipolare all’interno delle cellule. “C’è ancora del lavoro da fare”.

Riferimenti: BioRxiv

Marta Musso

Laureata in Scienze Naturali alla Sapienza di Roma con una tesi in biologia marina, ha sempre avuto il pallino della scrittura. Curiosa e armata del suo bagaglio di conoscenze, si è lanciata nel mondo del giornalismo e della divulgazione scientifica. “In fin dei conti giocare con le parole è un po' come giocare con gli elementi chimici”.

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