Buone notizie: la Grande barriera corallina sta mostrando segni significativi di recupero dai gravi eventi di sbiancamento degli scorsi anni, che hanno interessato soprattutto la parte settentrionale. Il merito? Condiviso: se da una parte il risultato si deve all’impegno da parte di scienziati, industriali e politici australiani nella difesa di questa importantissima risorsa naturale e turistica, soprattutto un’estate 2017-2018 dalle temperature più miti ha fatto la sua parte. Ad affermarlo sono gli esperti del Reef & Rainforest Research Center (RRRC), un’organizzazione senza scopo di lucro, che ha recentemente pubblicato un rapporto sullo stato di salute della Grande barriera corallina per il governo dello stato del Queensland.
Secondo l’RRRC, ci sono segnali incoraggianti di ripresa in molti siti chiave della barriera australiana. Foto recenti scattate a giugno e luglio 2018 mostrano coralli pieni di vita in più località tra quelle che hanno sofferto per gli eventi di sbiancamento del biennio 2016-2017, tra cui Fitzroy Island, Moore Reef e Saxon Reef. Come precisa Sheriden Morris, Managing Director di RRRC, è sbagliato pensare che l’intera barriera corallina australiana abbia subito fenomeni di sbiancamento o peggio ancora che sia morta.
È importante comprendere, invece, che la perdita di colore dei coralli a seguito di un forte stress si verifica in più fasi, dalle più lievi (equiparabili a una scottatura solare superficiale) a quelle più gravi e mortali, e soprattutto che il fenomeno può essere reversibile nelle sue forme meno severe. Lo sbiancamento avviene in seguito all’espulsione delle zooxantelle, le alghe simbiotiche indispensabili per la vita dei coralli e responsabili dei tipici colori sgargianti delle barriere. Quando le condizioni stressanti persistono i coralli muoiono, ma se invece temperatura e qualità dell’acqua tornano ad essere accettabili alcuni coralli possono riassorbire le alghe e recuperare in tempi relativamente brevi un discreto stato di salute. Proprio come è successo ora a molte zone sofferenti della Grande barriera corallina.
La notizia positiva va comunque letta in un’ottica di realismo, perché la ripresa non può che essere influenzata dalle condizioni ambientali. “Sappiamo tutti che la barriera corallina potrebbe subire ulteriori eventi di sbiancamento mentre il clima continua a scaldarsi” ha sottolineato Morris. Allo scopo di salvaguardare la Grande barriera è necessaria sia un’azione globale volta a limitare l’effetto dei cambiamenti climatici sia un’attenta gestione dei siti corallini a livello locale. È in quest’ottica che, lo scorso maggio, il governo australiano ha stanziato mezzo miliardo di dollari per la difesa della Grande barriera corallina.
Da parte sua, il Reef & Rainforest Research Center sta mettendo a punto tecniche innovative di restauro della barriera corallina, ad esempio attraverso l’istituzione, nel dicembre 2017, del primo vivaio di coralli oceanici nella Grande barriera, allo scopo di rigenerare le parti sofferenti di questo esteso e complesso organismo vivente. L’efficacia della nursery ha superato le aspettative, registrando un aumento in volume pari a 2,5 volte in sei mesi, 9 coralli su 10 si sono riprodotti e dai 24 frammenti iniziali di corallo ne sono stati ottenuti ben 222: 100 di questi verranno presto trasferiti sulle parti della barriera danneggiata a Fitzroy Island.
Riferimenti: via Prweb