Messina dice no

Un’unica gittata di acciaio lunga più di tre chilometri per un’altezza di oltre 380 metri. Il ponte sullo stretto di Messina sarà una struttura tanto imponente quanto fragile. Le sue prime fondamenta, infatti, si ergono su un mare di valutazioni errate. Quelle della Stretto di Messina Spa che sulla base di un progetto preliminare poco accurato ha lanciato, e prorogato fino al 25 maggio, il bando per la scelta del general contractor che si occuperà della progettazione e della realizzazione dell’opera. Le stime di traffico sarebbero inaffidabili, come anche le analisi dei costi e dei benefici dal punto di vista economico, sociale e ambientale. A metterlo in evidenza sono Wwf, Italia Nostra e Legambiente che, sulla base della relazione conclusiva della commissione consiliare di Messina sulla sostenibilità sociale e ambientale del progetto, hanno chiesto, in un incontro tenutosi lo scorso 4 maggio alla Camera, l’annullamento della gara e l’avvio di nuove valutazioni. “La relazione della commissione non ha valore giuridico, perché in base alla legge il governo può decidere dei progetti senza tenere conto di regioni e comuni. Finalmente anche il comune di Messina ha preso coscienza delle conseguenze che la costruzione del ponte avrà sulla città”, spiega Edoardo Zanchini della segreteria nazionale di Legambiente. “Gli elementi emersi contraddicono quanto fino a oggi promesso. Prima di tutto i costi dell’opera non saranno sostenuti dai privati ma dallo Stato e saranno molto più alti di quanto preventivato dalla società”. Invece dei sei miliardi di euro previsti, la costruzione potrebbe venire a costare tra i 7,5 e i 9 miliardi, a causa dell’aumento del costo dell’acciaio e della sottostima dei tempi di lavoro, che non sarebbero si sei anni ma almeno di 20, come dimostrano i tempi di realizzazione di un’opera analoga come il ponte Store Baelt in Danimarca. “Questo significa che aumenteranno i costi pubblici e sarà impossibile completare le opere incompiute del Mezzogiorno, altra cosa che era stata detta”. A essere inaffidabili sono anche le stime del traffico. Esse parlano di un aumento dei flussi tra il due e il cinque per cento annuo. “Negli ultimi anni, però, sono calati del sei per cento i transiti degli autotreni e dell’otto per cento quelli delle auto, a causa dell’aumento dei trasporti aerei e via mare. Inoltre il risparmio di tempo usando il ponte è minimo per gli abitanti di Messina”, spiega Zanchini. I costi delle percorrenze, con un aumento delle tratte stradali di 20 chilometri, e un risparmio di tempo di soli 10 minuti, fanno aumentare i costi calcolati dalla società dello Stretto del 68 per cento per i veicoli leggeri e del 17 per quelli pesanti. A queste accuse Pietro Ciucci, amministratore delegato di Stretto di Messina, ha risposto con un comunicato nel quale afferma che “In realtà l’incidenza del costo dell’acciaio è valutata intorno al 5% e quindi nell’ordine di 300 milioni di euro, oneri già ricompresi nel piano finanziario predisposto dalla Stretto di Messina. I tempi di costruzione sono stati fissati in sei anni dall’apertura dei cantieri sulla base di una attenta analisi che ha fatto anche riferimento ad esperienze nazionali ed internazionali”. Ma secondo le associazioni ambientaliste, la valutazione fatta dal governo sottostima anche l’impatto paesaggistico, geo-sismico e idrogeologico: i danni ambientali sulla fascia costiera e sulle specie marine, la componente rumore e vibrazioni, l’inquinamento atmosferico, delle acque, del suolo sia durante la fase di costruzione sia di esercizio dell’opera. “Il ponte infatti dovrà sorgere in un’area che è la più a rischio del Mediterraneo per i terremoti e dove ci sono 11 tra siti di interesse comunitario e zone tutelate dall’Unione Europea, come il lago di Ganzirri”, spiega Zanchini. “La magistratura di Roma ha aperto un’inchiesta per la mancata verifica dell’impatto ambientale nella valutazione del progetto fatta dal governo”.Tutti motivi sufficienti per fermare la gara per la scelta dell’azienda costruttrice, dicono le associazioni ambientaliste. “Mancano le garanzie per poter iniziare la costruzione di un’opera del genere in totale sicurezza finanziaria, tecnica e ambientale”, conclude Zanchini. “Questi aspetti devono essere analizzati adesso e non a gara conclusa, quando ormai il progetto sarà allo stadio avanzato. Solo valutando bene tutti gli aspetti si può capire se vale la pena di imbarcarsi in questa impresa”. Il rischio più probabile, infatti, è che il mostro d’acciaio rimanga a metà.

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