Microinfarti al setaccio

Un gruppo di ricercatori della Medical School della Duke University ha mostrato che la risonanza magnetica (Mri) rivela la presenza di piccole aree di cellule cardiache morte, trascurate dalle tradizionali tecniche nucleari ad immagini, in particolare, dalla Spect (tomografia computerizzata da emissione di singoli fotoni). Su un campione di 91 pazienti con sospetti disturbi cardiaci, la Spect ha rivelato rispetto alla Mri solo il 53 per cento di microinfarti, indicatori di prossime e serie patologie cardiache. “Questo grazie alla risoluzione spaziale della Mri che, essendo 60 volte superiore a quella della Spect, coglie microinfarti allo stato iniziale” spiega Robert Judd, codirettore del Centro di risonanza cardiovascolare. Nonostante la Mri abbia già 20 anni, solo ora la tecnologia consente la lettura delle immagini tridimensionali dei tessuti in movimento, qualitativamente migliori di quelle degli elettrocardiogrammmi. A conferma dei risultati ottenuti, gli stessi test sono stati ripetuti anche su animali con e senza problemi cardiaci. (s.ca.)

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