Salute

Le microplastiche dei tappi delle bottigliette potrebbero finire nell’acqua

Di microplastiche è pieno il mondo: ne scarichiamo in acqua lavando i nostri vestiti sintetici e, a quanto pare, ne ingeriamo addirittura 5 grammi alla settimana, l’equivalente di una carta di credito, per esempio facendoci un tè in bustina. Ora, uno studio condotto dall’università Statale di Milano e uscito su Water Research ha dimostrato che parte di queste microplastiche ingerite vengono dai tappi delle comuni bottiglie di plastica da mezzo litro. Comode e pratiche, ma i tappi di queste, aperti e chiusi di continuo si consumano e rilasciano le particelle sulla superficie della bottiglia.

Già sapevamo che l’acqua in bottiglia potesse contenere microplastiche, su cui è stata fatta un’approfondita indagine, che aveva dimostrato la presenza di 10 microplastiche anche del diametro di un capello per litro d’acqua, in tutte le marche di bottiglia analizzate. Quello che però ignoravamo è che il numero di volte in cui svitiamo e avvitiamo il tappo influisce considerevolmente sul numero di particelle. I ricercatori della Statale di Milano cercavano di quantificare l’effetti meccanici dei nostri gesti più quotidiani sull’usura di queste bottiglie. Le hanno così sottoposte a due test.

Uno si concentrava proprio sul collo della bottiglia e sul tappo. I ricercatori hanno sottoposto bottiglie di marche diverse a un numero crescente, una, dieci, cento, di aperture e chiusure del tappo. Un gesto che spesso ripetiamo più e più volte su ogni bottiglietta in giro, al lavoro. Ne è risultato che le minime usure del tappo fanno crescere considerevolmente il numero di microplastiche, in particolare dopo 100 volte di apri/chiudi. In più i ricercatori hanno sottolineato come ci siano notevoli differenze tra marche diverse, a seconda delle politiche sulla plastica di queste.

Altro test effettuato dagli studiosi riguarda le conseguenze sulla superficie interna della bottiglia all’afferrarle e schiacciarle, come quando una bottiglia non è più del tutto piena e si deforma sotto la forza della nostra mano. In questo caso invece, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il rilascio di microplastiche non cresce significativamente.

Insomma, se magari avevamo pensato che conservare e riusare una stessa bottiglia di plastica potesse essere d’aiuto per salvaguardare l’ambiente, è il caso di ricredersi. Come spiega Paolo Tremolada, tra gli autori e docente di Ecologia del dipartimento di Scienze e politiche ambientali della Statale di Milano: “le bottiglie in plastica o i loro sostituti ecologici, le borracce, dovrebbero prevedere un sistema di chiusura a basso rilascio di microplastiche come potrebbe essere quello a pressione rispetto ai sistemi a vite delle normali bottiglie in plastica”.

Via: Wired.it

Leggi anche su Galileo: Molle di carbonio per smaltire le microplastiche

Giancarlo Cinini

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