Molle di carbonio per smaltire le microplastiche

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(Foto via Pixabay)

Le microplastiche minacciano gli ecosistemi e la salute umana e la loro presenza, praticamente dappertutto, non fa che peggiorare la situazione. Si stima che mangiando e bevendo arrivamo ad assumere fino a 5 grammi di plastica a settimana. Le dimensioni delle microplastiche – termine generalmente utilizzato per frammenti di diametro inferiore a 5 mm – complica non poco i tentativi di rimozione e bonifica. Oggi, sulla pagine di Matter, un team di ricercatori presenta un possibile contributo al problema. L’idea dell’équipe di Shaobin Wang della University of Adelaide è quella di utilizzare delle molle magnetiche a base di carbonio per bonificare le acque dalle microplastiche, senza danneggiare i microrganismi, anzi producendo sostanze che possono essere utilizzate come nutrienti dalla alghe. Come?

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Coem appaiono le microplastiche derivanti dai cosmetici al microscopio (Credits: Xiaoguang Duan/Matter

Specie reattive dell’ossigeno contro le microplastiche

Le microplastiche, alcune derivate dalla degradazione di oggetti più grandi, altre provenienti direttamente dai prodotti cosmetici (qui alcuni sforzi importanti per risolvere il problema sarebbero già stati intrapresi), possono essere decomposte tramite reazioni a catena innescate dall’utilizzo di specie reattive dell’ossigeno (ROS). Questi composti però a loro volta sono attivati e prodotti grazie a metalli pesanti come ferro o cobalto, inquinanti a loro volta. Di fatti ricorrendo a questi sistemi si elimina sì un inquinante ma se ne immettono altri nell’ambiente. La soluzione di Wnag e colleghi è stata quella di pensare a un’alternativa per la produzione delle specie reattive dell’ossigeno: nanotubi di carbonio e azoto magnetici, organizzati come piccole molle, per ottimizzare superficie reattiva e stabilità.

La soluzione con nanomolle a base di carbonio

Questi nanotubi a base di carbonio funzionano come attivatori per la produzione di ROS (a partire da perossimonosolfati) e sono in grado di innescare così la degradazione delle microplastiche, come mostrato per quelle a base di polietilene. “Le nanomolle di carbonio sono forti e stabili abbastanza da ridurre le microplastiche in composti che non rappresentano una minaccia per l’ecosistema marino”, ha spiegato Wang. Gli intermedi che si formano, continuano i ricercatori potrebbero anzi servire come fonte di carbonio per la crescita delle alghe. E ancora: essendo magnetiche possono essere facilmente recuperate e riutilizzate. In futuro gli scienziati cercheranno di capire quanto siano flessibili questi nanomolle di carbonio, ovvero quanto possano funzionare per diversi tipi e forme di microplastiche, proseguendo acnhe nei test tossicologici per assicurarsi che tutti i prodotti derivanti dal loro utilizzo non siano dannosi.

Riferimento: Matter

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