Dopo idrogeno ed elio è l’elemento più abbondante nello Spazio, eppure trovare l’ossigeno è meno facile di quel che ci si aspetterebbe, soprattutto nella sua forma molecolare, quella che respiriamo per intenderci. Dove si nasconde ? Un po’ anche nella Nebulosa di Orione, più o meno a 1500 anni luce da qui: meno di quanto atteso, ma abbastanza per suggerire agli astronomi dove continuare a cercarlo lì dove si formano le stelle. A scovarlo è stato lo spettrometro a infrarossi HIFI (Heterodyne Instrument for the Far Infrared) montato sul telescopio spaziale Herscel dell’Agenzia spaziale europea.
Quello della presenza dell’ossigeno molecolare nello Spazio è uno dei misteri dell’Universo che più affascina gli scienziati: si sa che c’è ma non dove sia. Studiando le reazioni che avvengono all’interno delle nebulose infatti gli scienziati sono stati in grado di calcolare che, almeno in teoria, l’abbondanza dell’ossigeno dovrebbe essere tale da averne una molecola ogni 100mila di quelle di idrogeno, come riporta Spacedaily. Di fatto però le misurazioni effettuate prima dell’arrivo di Herschel tra le stelle non hanno dato i risultati sperati: l’ossigeno nello spazio sembra essere un elemento piuttosto sfuggente, come se si nascondesse.
L’ipotesi dei ricercatori guidati da Paul Goldsmith del Jet Propulsion Laboratory della Nasa, e responsabile dell’Herschel Oxygen Project, è che l’ossigeno sia trasparente ai rivelatori perché imprigionato nel ghiaccio dei granuli di polvere spaziale, e che in presenza di calore (come quello sprigionato dalla nascita di una stella) venga rilasciato nella sua forma molecolare grazie all’evaporazione dell’acqua. Per testare questa ipotesi gli astronomi hanno quindi puntato gli occhi verso una delle più famose culle stellari, la Nebulosa di Orione. Risultato: una molecola di ossigeno ogni milione di quelle di idrogeno: “L’abbondanza di questa molecola è ancora sotto quanto previsto dalla teoria, ma ora abbiamo l’evidenza, per la prima volta, che potrebbe essere maggiore del valore medio in alcuni punti della nebulosa”, ha commentato Goldsmith.
Riferimenti: wired.it
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