Morire di maternità

Mancano quattro anni al 2015, anno in cui si farà il bilancio del raggiungimento degli Obiettivi del Millennio. Ma dando uno sguardo allo studio pubblicato questa settimana su The Lancet, non si impiega molto a capire che siamo indietro. Infatti, secondo l’analisi condotta da Rafael Lozano e Christopher Murray dell’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) dell’Università di Washington, solo nove dei 137 paesi in via di sviluppo riusciranno a raggiungere entro il 2015 gli obiettivi 4 e 5, ovvero la riduzione della mortalità materna e di quella dei bambini sotto i cinque anni di vita. 

Non tutto appare negativo. Secondo lo studio – che ha preso in esame anche fonti di dati fino ad oggi escluse dalle altre rilevazioni e che ha utilizzato nuovi modelli statistici – i progressi sul fronte della salute materno-infantile non sono mancati in questi ultimi anni. In 125 nazioni la mortalità materna è scesa di molto dal 2000, anno in cui è stata firmata la Dichiarazione del Millennio, e negli ultimi cinque anni i miglioramenti sono stati particolarmente importanti. Nello stesso lasso di tempo, in 106 paesi, i tassi di mortalità infantile si sono abbassati dal 2000 al 2011 più velocemente di quanto abbiano fatto nei precedenti dieci anni. I decessi legati alla gravidanza e al parto sono passati da circa 409mila nel 1990 a poco più di 270mila nel 2011. E dal 2005 al 2011 la mortalità materna è scesa di oltre 73mila unità, sebbene con differenze tra le varie nazioni: il 28,6 per cento di questo declino è avvenuto in India, mentre Etiopia, Pakistan, Nigeria, Indonesia, Cina e Afghanistan contribuiscono per il 32 per cento.

Buoni segnali anche per il tasso di mortalità infantile, passato dagli 11 milioni del 1990 ai poco più di 7 milioni del 2011. Ma anche in questo caso, il progresso non è stato uniforme. In Cambogia, Ruanda, Ecuador, Malesia e Vietnam, per esempio, la mortalità tra i bambini con meno di cinque anni di vita è scesa del 5 ogni anno e anche di più, mentre a livello globale il declino è del 2,6%. L’Africa Sub-sahariana fa storia a sé, visto che qui la mortalità infantile è addirittura aumentata: dal 33% del 1990 al 49% del 2011. 

Considerati nel loro insieme, questi dati – dicono gli autori dell’analisi – sono il segno che gli sforzi messi in campo per l’istruzione delle donne, la prevenzione delle malattie infettive e l’implementazione dei programmi sanitari stanno funzionando. Tuttavia, pochi paesi riusciranno a raggiungere i traguardi stabiliti per il miglioramento della salute materno-infantile. Secondo i calcoli, in 31 raggiungeranno l’obiettivo numero 4, la riduzione di due terzi della mortalità infantile tra il 1990 e il 2015, mentre l’obiettivo 5, cioè la riduzione del tasso di mortalità materna di tre quarti, sarà alla portata di appena 13 nazioni. Solo 9 dei 137 paesi in via di sviluppo (Cina, Egitto, Iran, Libia, Maldive, Mongoli, Perù, Siria e Tunisia), invece, raggiungeranno entrambi gli obiettivi.

Parte del declino nella mortalità materno-infantile è legata al miglioramento della prevenzione del trattamento dell’Hiv/Aids, alla diffusione di zanzariere trattate con insetticida nelle aree dove è diffusa la malaria e agli investimenti nei programmi sanitari e nelle cliniche rurali. Esistono poi altre importanti cause, come le emorragie post-partum, responsabili del 35% dei decessi, e la pre-eclamsia o ipertensione gestazionale, responsabile di un altro 18%. Per abbassare queste percentuali, è stata lanciata oggi, in sede di Assemblea Generale Onu, l’iniziativa “MSD per le madri” della farmaceutica Merck. Il progetto prevede un investimento di 500 milioni di dollari in dieci anni per abbattere i tassi di mortalità.

Riferimento: The Lancet doi:10.1016/S0140-6736(11)61337-8

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